L'immigrazione a Gardone Val Trompia

 (per problemi tecnici, non è possibile visualizzare le statistiche)


L’immigrazione a Gardone VT:
una visione d’insieme



RICERCA DELLA 5° Bspp-A.S.2007/08
IIS “BERETTA” - LICEO PEDAGOGICO
GARDONE VT (BS)

GLI AUTORI: alunni della 5° Bspp del Liceo Socio-Psico-Pedagogico di Gardone V.T.,                          A.S. 2007/08:
  • Laura BELTRAMI
  • Silvia BERNA
  • Stefania BETTERA
  • Claudia BETTINSOLI
  • Chiara CHINDAMO
  • Edda CONTRINI
  • Maurizio FELICINA
  • Laura FERRAGLIO
  • Silvia GUERINI
  • Valentina GUIZZI
  • Aldo MARCHI
  • Sara PELLEGRINI
  • Arianna PIARDI
  • Francesca TAGLIANI
  • Marco TEMPONI
  • Mattia ZANAGNOLO

HANNO COLLABORATO:
  • Michele GUSSAGO (Sindaco di Gardone V.T.)
  • Prof. CACCAGNI (Preside I. C. “Bachelet” di Lumezzane – Ctp-eda)
  • Enrica COCCOLI (Cti)
  • Prof. PASINELLI (I.I.S. “Beretta”, Gardone V.T.)
  • Prof. SIMEONE (Università di Macerata)
  • Pamela MARELLI (sportello d’ascolto)
  • Silvia PEDRETTI (assistente sociale del comune di Gardone V.T.)
  • Elena RAMPINI (ostetrica del consultorio di Sarezzo)
  • Adriano GALLETTI, GIANNI (associazione “Karibu”)
  • Don MARCO (curato di Gardone V.T.)
  • Dott. MAGGI (Direttore risorse umane “Beretta S.p.a”)
  • KALIL (Cgil immigrazione di Gardone V.T.)
  • SOFIA, BARAH, KAUTAR, MIRKENA, FATIMA, MARIAN (mediatori culturali)
  • MOUNIR e SAMIA

COORDINATORE:
  • Prof. Mario SECONE

INDICE

Introduzione                                                                                              
1. I dati sull’immigrazione a Gardone VT dal 1992 a oggi                     
2.  La vita sociale                                                                                   
Le dimensioni della vita sociale                                                                             
  · Religione                                                                                         
  · Lavoro                                                                                           
  · Integrazione                                                                                  
  ¨ La condizione femminile                                                                                        
  ¨ La famiglia immigrata a Gardone VT                                                                
3. I servizi                                                                                                                          
¨ La rete servizi                                                                                          
¨ I finanziamenti delle istituzioni                                                                
¨ L’intervento sul sociale delle istituzioni                                                  
¨ Il volontariato                                                                                           
¨ Atteggiamenti culturali                                                                           
4. L’immigrazione nelle scuole di Gardone VT                                                               
¨ I dati                                                                                                         
   ·Scuola dell’infanzia                                                                            
   ·Scuola di primo grado                                                             
   ·Scuola media inferiore                                                            
   ·Scuola media superiore                                                          
       - Liceo scientifico                                                     
       - Liceo Socio-Psico-Pedagogico                                
       - Itis                                                                            
  -Ipsia                                                                         
¨ CTI, CTP e progetti interculturali                                              


INTRODUZIONE


L’obiettivo di questa ricerca è rintracciare il fenomeno sociale dell’immigrazione a Gardone Val Trompia, dove la dimensione del flusso migratorio risulta evidente e consistente, soprattutto negli ultimi anni.
La cittadina di Gardone è stata scelta come oggetto della ricerca per diversi motivi:

  • circoscrivere l’analisi in un ambito ristretto, ci consente un controllo maggiore dei risultati; allargare l’attenzione a tutta la valle, o addirittura alla provincia di Brescia, ci avrebbe messo in una situazione di dispersione di tempi e risorse, nella difficoltà del controllo dei dati e delle diverse fasi della ricerca;
  • nella Val Trompia, Gardone è storicamente e istituzionalmente un punto di riferimento: istituzioni (ospedale, asl, Comunità Montana), scuole superiori, realtà produttive (Beretta) hanno sede nel territorio di Gardone, anche se negli ultimi anni il decentramento è molto consistente
  • Gardone è il Comune che ospita la nostra scuola.

Pensiamo che la limitazione del campo di ricerca, anche se toglie ampiezza al lavoro, consente comunque una lettura significativa della problematica sociale che ci siamo prefissati di analizzare.

La metodologia ha seguito sostanzialmente due direzioni:
  • l’elaborazione dei dati forniti da istituzioni e enti (Comune, scuole, associazioni); questo ha consentito, su alcuni aspetti, una lettura quantitativa, tendenzialmente oggettiva del fenomeno sociale.
  • la costruzione di temi e elementi di analisi attraverso incontri e interviste con operatori, rappresentanti di istituzioni, cittadini stranieri, volontari che si occupano dell’immigrazione sul territorio: essi rappresentano i “testimoni privilegiati” del fenomeno, in grado di fornire punti di vista, esperienze, competenze, valutazioni e analisi che fanno emergere problematiche, aspetti della realtà in esame che, per quanto non costruiti scientificamente, rivelano uno spaccato meditato e profondo della situazione. Compito del ricercatore è raccogliere queste suggestioni e delineare un quadro coerente.

L’attenta riflessione sugli elementi emersi ha permesso di operare una “mappatura” generale del fenomeno, una visione d’insieme, dove alcuni temi sensibili risultano più articolati, altri da approfondire. Questo lavoro infatti non si prefigge, né avrebbe potuto farlo, di completare l’analisi della dinamica migratoria a Gardone, né di declinarne ogni suo aspetto. Esso si presenta come una premessa utile per successivi tentativi, come stimolo per ultreriori ricerche in direzioni qui solo accennate, ma che richiedono un necessario sviluppo.
Ringraziamo sentitamene quanti hanno consentito, con il loro gentile e generoso appoggio, la loro partecipazione, la loro disponibilità, lo sviluppo e la realizzazione della ricerca.

                                                                                                     Prof. Mario SECONE


I DATI SULL’IMMIGRAZIONE A GARDONE VT
 DAL 1992 A OGGI
 


L’IMMIGRAZIONE NEL COMUNE DI GARDONE VAL TROMPIA
La Valle Trompia si estende su una superficie territoriale di circa 380 chilometri quadrati e una lunghezza di circa 50 km e si trova inserita tra le Valli Sabbia, Camonica e Sebino Bresciano, con la città di Brescia a confine sud.
È costituita da 18 Comuni dei quali il più popoloso è Lumezzane con 24.244 abitanti ed il più piccolo Irma con 155 abitanti.

Il fenomeno immigratorio

Visto l’aumento su scala mondiale dell’immigrazione, anche la Valle Trompia deve far fronte al fenomeno immigratorio, che in quest’ultimo periodo ha avuto una forte incidenza sulla popolazione dei comuni valtrumplini.
Per la nostra ricerca prendiamo come riferimento il comune di Gardone Val Trompia, che negli ultimi 20 anni ha ospitato e dato lavoro ad un gran numero di stranieri.

Dal grafico si può notare come il fenomeno a Gardone V.T. è aumentato in modo considerevole in quattordici anni: nel 1992 il numero dei cittadini stranieri iscritti all’anagrafe era di 69 immigrati, nel 2006 questo numero è aumentato quasi di sedici volte, arrivando a 1082 immigrati. Nel 1992, 50 immigrati sono di sesso maschile e solo 19 di sesso femminile, le maggiori provenienze sono: Senegal (14), Marocco (13) e Tunisia (6). Nel 2006, invece,  la presenza maschile ammontava a 626 persone mentre quella femminile a 456. Le zone di maggior provenienza sono Pakistan (231), Burkina Faso (122) e Albania (103). Il nostro comune è una meta molto ambita dagli stranieri immigranti in quanto le offre numerose opportunità lavorative.
E’  opportuno sottolineare i cambiamenti considerevoli in atto tra gli extracomunitari, ad esempio: il largo inserimento nel mondo del lavoro, i sempre più frequenti ricongiungimenti familiari e alla crescente quota di minori.

ANNO 1992

Il 1992 è l’anno in cui il fenomeno migratorio inizia ad essere percepito come fattore caratterizzante del nostro territorio tanto che le stesse istituzioni locali iniziano ad approcciarsi ad esso con maggior attenzione, in previsione, anche, di un probabile aumento delle presenze. Su un totale di 10862 abitanti residenti nel comune di Gardone Val Trompia, gli immigrati rappresentano solo lo 0.63%.
Il continente di maggior  provenienza è l’Africa con un totale di 45 individui, emigrati soprattutto da Senegal, Marocco e Tunisia. Segue l’Europa con 10 emigrati che provengono in prevalenza da Francia, Romania e Polonia.

ANNO 1998

Nel 1998, anno in cui è stata varata la Legge 40, anche nel Comune di Gardone Val Trompia l’immigrazione ha subito un notevole aumento; infatti da un numero di 69 individui immigrati nel 1992, si è passati ad un totale di 187. Quindi, il numero degli immigrati presenti sul nostro territorio si è triplicato in soli sei anni. Dal 1° gennaio del 1998 la popolazione residente straniera era di 176 abitanti; alla fine dello stesso anno la popolazione era aumentata di 11 individui.

Nel 1998 gli immigrati di sesso maschile erano 130, mentre le donne erano 57.
L’area di maggiore  provenienza continua ad essere l’Africa con 50 emigrati dal Marocco, 34 dal Senegal, 17 dal Ghana e 11 dalla Tunisia. Tra i Paesi europei inizia ad affacciarsi l’Albania con 13 immigrati i quali emigravano dalla propria patria a causa dei conflitti interni nati in quel periodo in Kosovo.


Questo grafico indica la presenza dei minori immigrati nell’anno 1998 a Gardone Val Trompia. Al 31 dicembre 1998 i minorenni di sesso maschile sono 19, mentre quelli di sesso femminile sono 15, per un totale di 34 immigrati minorenni su 187 immigrati. I minorenni rappresentano quindi il 18% del totale.


ANNO 2001

Nell’anno 2001 il boom del fenomeno immigratorio, iniziato nel 1998, ha continuato a svilupparsi, con un notevole incremento del numero della popolazione immigrata. Infatti il totale nel Comune di Gardone Val Trompia è passato da un numero di 187 ad un numero di  379 individui.



Su un complessivo di 379 immigrati, 240 sono maschi e 139 sono femmine. Le maggiori aree di provenienza sono il Marocco (62), il Senegal (50) ed il Burkina Faso (25) per quanto riguarda il continente africano. Rispettivamente all’Europa continua ad aumentare il numero di immigrati provenienti dall’Albania, che ammonta ad un totale di 54 individui. E’ in questo anno che inizia ad evidenziarsi l’immigrazione dal Pakistan con 53 emigrati, superando anche il Senegal che sin dal 1992 è stato uno tra i maggiori Paesi di emigrazione. All’inizio del 2001 (1° gennaio) gli immigrati erano 301 di cui 202 maschi e 99 femmine; al 20 ottobre, invece, i maschi sono aumentati di circa 38 unità, mentre le femmine di 40. Nel corso dell’anno la popolazione straniera è quindi aumentata di 80 persone passando da un totale di 301 individui, fino ad arrivare a 379 emigrati stranieri residenti.

I minori residenti sono notevolmente aumentati (circa tre volte) passando da 34 minorenni nel 1998 ad un totale nel 2001 di 100 residenti stranieri. I minori rappresentano quindi il 26% dell’intera popolazione straniera.

ANNO 2005

Dal 2001 al 2005 il numero degli immigrati si è nuovamente triplicato. Tale incremento si è riscontrato maggiormente nella realtà quotidiana, proprio perché il forte incremento ha portato la popolazione straniera residente al raggiungimento di un numero di quasi 1000 individui. La popolazione straniera rispetto a quella residente totale (11256) rappresentava l’8.1%.

Gli immigrati maschi nel 2005 ammontavano a 543, mentre le femmine a 412. Gli stranieri nati in Italia  erano 150 di cui 71 maschi e 79 femmine. Le maggiori presenze provengono dal Pakistan (223), Albania (97), Senegal (94), Burkina Faso (93), Marocco (84) e Ghana (54). Questo perché gli immigrati, soprattutto negli ultimi anni, tendono a stabilizzarsi e ad integrarsi nel nostro comune.

I minori nel 2005 sono 302 di cui 168 maschi e 134 femmine; quindi anche il numero degli immigrati con età inferiore ai 18 anni si è triplicato. I minorenni occupano il 31.6% della popolazione straniera totale.
Fonte: Dati censimenti - Anagrafe comune di Gardone Val Trompia

Confronto dati provinciali e dati comunali

Nel 2001, 379 immigrati risiedono a Gardone Val Trompia e rappresentano il 3.4% della popolazione comunale. Nella provincia di Brescia, invece, su 1.109.841 abitanti complessivi, 158.707 sono stranieri, rappresentano quindi il 14.3% della popolazione totale. A livello comunale è sempre l’Africa a detenere il primato di maggior area di provenienza con 137 individui. Invece, le maggiori aree di provenienza degli stranieri residenti nella provincia di Brescia sono l’Est Europa (con l’11.6%) e il Nord Africa (con l’11.3%). Quindi, sia a livello provinciale che comunale è consistente l’incidenza del continente Africano.
Nell’ultimo anno di riferimento (2005) su un totale di 1.182.337 cittadini bresciani, il 16.4% sono stranieri (193.903 individui). A Gardone, invece, la percentuale di immigrati é del 8.1% (543 su 11.256).  A livello comunale permane la considerevole influenza del continente Africano e Est Europeo come area di provenienza dei cittadini immigrati, mentre su quello comunale rimane l’Africa (34%) ma inizia ad affacciarsi anche il continente asiatico (23%). Quindi, il ruolo del continente Africano rimane invariato, ciò nonostante ad entrambi i livelli si comincia a percepire l’influenza del continente Est Europeo.
Di conseguenza, nel comune di Gardone, dal 2001 al 2005 il numero di immigrati si è quasi triplicato, mentre a livello provinciale ha subito una lieve variazione del 2.1%. Da questo riscontriamo che il considerevole aumento del fenomeno migratorio è maggiormente percepibile in un piccolo comune, come quello di Gardone Val Trompia, e ci fornisce anche un’idea completa e concreta di come il fenomeno potrebbe continuare ad accrescersi con il passare degli anni. Basti pensare a come il nostro comune abbia subito una variazione impensabile nel corso di pochi anni, fino ad arrivare a quadruplicarsi dal 2001 fino all’anno corrente. Questo è minimamente visibile in una provincia abbastanza estesa come quella di Brescia.

GLI ULTIMI DATI AGGIORNATI


Secondo la statistica attuale, a gennaio 2008 il totale degli immigrati nel nostro comune sono 1.341,  divisi in 757 maschi e 584 femmine. Abbiamo suddiviso il numero dei presenti in fasce d’età. I minori (0-18 anni) sono in totale 435: 237 femmine e 198 maschi. Sono numericamente maggiori gli appartenenti alla fascia d’età 18-60 anni: su un totale di 891, 515 sono di sesso maschile e 376 di sesso femminile. E’ quasi irrilevante e poco riscontrabile la le presenze della cosiddetta “terza età”, con soli 15 individui, tra cui 5 uomini e 10 donne.

Le maggiori aree di provenienza:

Le maggiori aree di provenienza, come rappresentato nel grafico, sono: Pakistan (251), Marocco (166), Burkina Faso (153), Senegal (128); infine, Albania e Romania, ognuna delle quali ammonta a circa 100 individui.



LA VITA SOCIALE


Ø LE DIMENSIONI DELLA VITA SOCIALE
Ø  RELIGIONE
Ø  LAVORO
Ø  INTEGRAZIONE

Ø CONDIZIONE FEMMINILE
Ø LA FAMIGLIA IMMIGRATA A GARDONE



 LE DIMENSIONI DELLA VITA SOCIALE
Nella nostra ricerca per definire la vita sociale degli immigrati abbiamo utilizzato come indicatori la religione, il lavoro e l’integrazione. Nell’indagine ci siamo avvalsi delle interviste svolte a persone che hanno esperienza nel campo dell’immigrazione.
Religione
Il problema della differenza religiosa è vissuto come molto importante poiché la religione è parte integrante delle tradizioni di un popolo. Questo problema non è tipico solo dell’immigrazione in quanto è possibile riscontrare difficili convivenze tra diverse religioni anche in uno stesso stato in cui non è presente il fenomeno migratorio.
Nella nostra ricerca, grazie alla testimonianza del sindaco Gussago, abbiamo avuto la conferma che sul territorio di Gardone V.T. ogni cittadino ha il diritto di praticare il proprio culto purché rispetti le norme della società e del buon costume. Riguardo alla richiesta degli immigrati di avere un loro cimitero, il sindaco si è però mostrato contrario dato che il cimitero è un luogo pubblico e ognuno ha il diritto di porre sulla lapide i simboli appartenenti al proprio culto.
Altra testimonianza di cui ci siamo avvalsi è quella di Don Marco, parroco della comunità di Gardone V.T., il quale ci ha informato delle varie differenze religiose presenti sul territorio. Una prima differenza religiosa è quella tra cattolici autoctoni e immigrati; tra questi ultimi vi è poi la diversità tra immigrati cattolici e immigrati mussulmani. Altra situazione riguarda le badanti che per questioni lavorative, pur non essendo cattoliche, frequentano la parrocchia per accompagnare le loro assistite a messa. Don Marco ci ha fornito il dato relativo ai matrimoni religiosi misti che sono pari a zero.

Lavoro
Alcuni dati sul lavoro ci sono stati forniti dalla “Beretta Spa”, dal dott. Maggi, direttore delle risorse umane.
Alla Beretta sono impiegati solo 24 operai immigrati, non per questioni discriminatorie, ma perché gli stranieri hanno una scarsa competenza nell’ambito lavorativo; sono addetti ai lavori meno qualificati, come le mansioni adibite alle macchine. Di questi operai, tre sono donne e si occupano di macchine utensili e di montaggio e altri tre lavorano sui fucili. Tutti gli stranieri rispettano le regole prestabilite e non hanno mai avuto problemi, né tra loro, né con i colleghi italiani.    
Il lavoro è visto come una problematica sia dell’immigrazione sia dell’immigrato che non vede riconosciute le qualifiche che possedeva nel proprio paese.
Infatti, Mounir e Samia ci hanno informato di come in Italia i loro titoli di studio conseguiti in Algeria non hanno validità: Samia ha una laurea in medicina e il marito è ragioniere, ma non possono utilizzarli; ora lei fa la casalinga e si occupa della famiglia, lui fa l’operaio. Occupando posti di basso livello essi si vedono preclusa la possibilità di emergere in società; per la donna, inoltre, questa possibilità è minore poiché spesso non ha un lavoro e trascorre la maggior parte del suo tempo nelle faccende di casa.
Altra testimonianza ci è stata fornita da Khalil, responsabile dello sportello immigrati ai sindacati: “Se una persona perde il lavoro, non ha diritto a niente, nemmeno al permesso di soggiorno. Infatti vengono dati 6 mesi entro i quali potersi cercare un lavoro e così riavere il permesso di soggiorno; se così non fosse la persona interessata diventa automaticamente clandestina”. Inoltre sostiene che una differenza importante tra lavoratori immigrati e non, è che l’immigrato non essendo a conoscenza dei propri diritti accetta passivamente tutto quello che il datore di lavoro impone loro. Infatti molte volte il datore di lavoro, approfittando della paura dei lavoratori clandestini di essere rimpatriati, li sfrutta; per questo ci sono i sindacati che hanno il compito di tutelare i diritti del lavoratore.

Integrazione
Un primo parere ci è stato fornito da Adriano Galletti, che negli ultimi anni ha creato un archivio contenente i dati relativi all’immigrazione.
Secondo Galletti è difficile relazionarsi con loro in quanto faticano ad accettare tutti gli stereotipi che gli affibbiamo: per l’immigrato, affinché avvenga l’integrazione, è importante la presenza di un gruppo che aiutati il singolo ad avere più difese. Il gruppo però tende a chiudersi in se stesso facendo perdere all’individuo molte occasioni di integrarsi con gli autoctoni (come ad esempio il lavoro). Attraverso le nuove tecnologie (antenne paraboliche) gli stranieri hanno l’opportunità di vedere programmi televisivi del loro Paese trascurando l’opportunità di apprendere l’italiano con l’ausilio della televisione. Anche le feste che vengono organizzate forniscono un’occasione di incontro culturale; però una volta terminata la festa le persone si perdono di vista non raggiungendo completamente il fine precedentemente stabilito. Egli sostiene che l’uso della lingua è fondamentale per integrarsi, per questo, affinché sia raggiunta una valida preparazione lessicale, è necessario che i corsi di alfabetizzazione siano pianificati dallo stato e quindi tenuti da personale qualificato. Inoltre sottolinea che, nonostante l’impegno delle varie istituzioni, l’immigrato vive ancora in una situazione precaria.
L’integrazione avviene specialmente nel campo lavorativo per questo abbiamo ritenuto importante parlarne con il dottor Maggi della Beretta. Secondo lui il dialogo tra lavoratori bresciani e immigrati si limita alle ore di lavoro; inoltre gli immigrati non partecipano alle numerose attività finanziate dall’azienda (come il Cral) per problemi economici e perché esse non appartengono alla loro cultura.
Altra testimonianza cui abbiamo fatto riferimento è quella di Don Marco, secondo lui gli stranieri frequentano l’oratorio, però socializzano solo con gli individui appartenenti al loro stesso gruppo sociale, ciò può essere causato dalla mancata volontà dei bambini italiani di accettarli nel loro gruppo. Circa la loro partecipazione ad attività promosse dall’oratorio, sono sì presenti, ma non si occupano dell’organizzazione. Secondo Don Marco: “Ora come ora non sono in atto particolari progetti per favorire l’integrazione, tranne che un incontro pomeridiano per i più giovani (ragazzi delle scuole elementari), che possono ritrovarsi in oratorio per svolgere i compiti, ma anche qui troviamo ben poche adesioni da parte del mondo straniero.  Inoltre gli immigrati tendono a preferire la scuola coranica alle lezioni di I.R.C. ”.
Per il sindaco Gussago “è necessario lavorare molto con la scuola che è il principale strumento di integrazione, in quanto essa è obbligatoria per tutti. Un modo per risolvere i conflitti e favorire l’integrazione è sicuramente il dialogo che può avvenire solo grazie alla conoscenza della lingua; per questo motivo sono stati promossi diversi corsi di alfabetizzazione sia per i bambini che per i genitori. Inoltre è importante anche creare e favorire occasioni di confronto pubblico, per esempio attraverso associazioni sportive”.
      Altro parere autorevole è quello di Enrica Coccoli, la quale sostiene che l’integrazione può avvenire solo se è preservato un legame con la cultura d’origine.
Secondo Mounir e Samia, l’integrazione deve essere promossa dalla società anche consentendo agli immigrati il diritto di voto alle elezioni comunali.
Samia sostiene che gli uomini, attraverso il lavoro, hanno più possibilità di integrarsi rispetto alle donne. Non è tanto il contributo economico che manca, ma l’atto del dare pari opportunità a tutti, indipendentemente dalla provenienza. Mounir ha notato un’unica discriminazione sul lavoro, cioè la differenza di atteggiamento nei suoi confronti rispetto all’atteggiamento usato verso i locali.
Ci siamo avvalsi anche della testimonianza di alcuni mediatori culturali.
I mediatori culturali che sono cinque e di questi quattro sono donne e solo uno è un uomo; ci hanno fornito pareri riguardanti la loro visione dell’integrazione facendo un confronto tra la loro visione dell’integrazione e quella degli italiani.
La prima a parlare è stata Sofia, la quale ci ha detto che, secondo lei, in Italia c’è poca integrazione perché gli italiani sono un po’ chiusi nei confronti delle altre etnie; inoltre ha sottolineato che il problema maggiore è instaurare un rapporto con i suoi concittadini stranieri che vivono in Italia i quali non gradiscono il suo stile di vita occidentalizzato. Ha precisato anche che alcuni genitori immigrati non lasciano abbastanza libertà alle donne, volendo a tutti i costi mantenere i comportamenti tipici della loro cultura.
Altro parere, completamente diverso dal primo, ci è pervenuto dall’intervista a Kaoutar la quale sostiene che non è giusto rinunciare alla propria cultura: alcuni elementi andrebbero condivisi e insegnati anche agli altri. Tuttavia è necessario adeguarsi agli usi e costumi della cultura italiana. Altro aspetto da lei analizzato riguarda la televisione. poiché essa troppo spesso tende a rappresentare l’immigrato attraverso l’uso di stereotipi negativi.
Fatma, la terza donna intervistata, ha affermato che gli italiani non hanno interesse a instaurare delle relazioni con gli stranieri. Successivamente ci ha parlato dei suoi figli: essi pur essendo aperti caratterialmente verso gli italiani, frequentano gruppi di persone che condividono la loro esperienza da immigrati. Lei si sente un po’ integrata in quanto da parte sua c’è la voglia di integrarsi, mentre da parte degli italiani lei nota una mancanza di volontà nel conoscerla e accettarla.
Il parere successivo ci è stato fornito da Barah, secondo cui l’integrazione è il vivere bene insieme rispettando ognuno la cultura dell’altro; Barah trova corretto imitare i comportamenti positivi di una cultura e scartare quelli negativi senza abbandonare la propria, perché se così non fosse, nessuno vorrebbe integrarsi.
L’ultima testimonianza ci è stata trasmessa da Mirkena, la quale sostiene che integrazione è rispettare le leggi del Paese in cui si emigra perché è inconciliabile rispettare quelle di un altro; afferma poi, che si può continuare a mantenere la propria cultura in casa e in comunità.
L’integrazione viene comunque percepita da tutti come la problematica più urgente da risolvere per garantire una serena convivenza.


LA CONDIZIONE FEMMINILE
Analizzando le varie interviste svolte, abbiamo evinto che la condizione e la libertà della donna variano a seconda della provenienza. Ciò è dovuto, in alcune culture, all’apertura mentale del marito, che lascia maggiore autonomia alla donna. In altre culture invece il marito tende ad essere il “ponte” tra la famiglia, soprattutto la donna e la società autoctona. In questo modo viene meno però l’emancipazione della donna, che è sempre vincolata sia nelle relazioni, che nelle situazioni quotidiane.
Kautar, mediatrice culturale di origine marocchina, ci testimonia come il modello strutturale della famiglia nel suo paese di origine si è evoluto, anche nelle zone più periferiche, negli ultimi anni e come ha conseguentemente portato a una sorta di revisione anche del ruolo femminile che ha attutito l’impatto con la cultura occidentale a seguito dell’immigrazione. La donna ha acquisito il diritto di lavorare infatti: “Prima era l’uomo ad avere il ruolo più importante, oggi il ruolo della donna è stato rivalutato e assume sempre più importanza”. 
La situazione per le donne di origine Pakistana è invece piuttosto differente in quanto, secondo la testimonianza di Sofia,  alla donna non è consentito l’impiego di tutti i lavori, ma solo di quelli che la famiglia le consente di svolgere; un passo in avanti è stato comunque fatto, ma non si è ancora raggiunta una situazione di indipendenza, anche modesta dal capofamiglia. Anche l’ostetrica del consultorio di Sarezzo ci ha testimoniato che le donne pakistane si recano in ambulatorio solo accompagnate dal marito, poiché non hanno autonomia né nello spostamento, in quanto non hanno la patente, né nella comunicazione, in quanto non conoscono la lingua. Quest’ultimo aspetto è molto scoraggiante perché spesso i mariti non riescono a riportare nella loro lingua i termini tecnici usati in questo contesto, creando così incomprensioni e dubbi che la donna non riesce a colmare dato che il marito non è in grado di spiegarle.
Una situazione intermedia tra quelle suddette è quella che ci ha presentato Barah del Senegal: “In Senegal la donna può lavorare e se lo fa ha più voce in capitolo all’interno dello famiglia, ma è sempre orgogliosa di seguire e ascoltare il marito; Nel paese di accoglienza, inoltre si tende sempre a rispettare il proprio modello famigliare”. 
Per quanto riguarda la questione del matrimonio, abbiamo la testimonianza di Fatma del Burkina Fasu, la quale ci riferisce che: “In campagna i matrimoni sono combinati l’unica soluzione se la moglie non vuole sposare il marito che le viene destinato, è scappare. Le leggi sono quelle del capo-villaggio e non possono essere rifiutate; se lo si fa non si è degni di appartenere alla propria famiglia”. La situazione nelle città invece è molto simile a quella occidentale. Dal discorso fatto precedentemente deduciamo che la donna è sostanzialmente vincolata dal marito e questa dipendenza, come ricorda la preside Caccagni,  non facilita l’integrazione della donna nella società. Per affrontare questo disagio i vari enti del territorio della Valle Trompia hanno organizzato degli incontri per insegnare alle donne le basi elementari della lingua italiana. Molte donne però non partecipano a questi incontro poiché essendo vincolate dal marito, quando questo è al lavoro, viene meno la possibilità di spostarsi. Inoltre avendo spesso famiglie numerose, le donne non hanno la possibilità di lasciare a qualcun altro i propri figli, e per questo rinunciano a questo servizio. Proprio per risolvere questo problema, alcuni enti hanno messo a disposizione in contemporanea a questi corsi, un servizio di baby-sitting, permettendo alla donna di partecipare al corso.
L’aspetto contrario, ovvero l’eccessiva emancipazione della donna nel nuovo paese, però non sempre è positivo; come ci ricorda l’assistente sociale del Comune di Gardone V.T., Silvia Pedretti, talvolta alcune donne con l’incontro della nuova cultura e con le nuove usanze, si emancipano, si sentono più libere e spesso questo può creare delle situazioni di conflitto all’interno della famiglia, soprattutto col marito. Spesso questi conflitti famigliari, soprattutto tra coniugi, sono causa di maltrattamenti o incipit per il consumo di alcool o droga. L’assistente sociale in questi casi offre un aiuto sia morale che burocratico, o per provare a riavvicinare i coniugi, o in casi estremi a allontanarli definitivamente, in modo tale da tutelare soprattutto la donna.
Anche la questione del velo ha accentuato l’opinione comune sul fatto che la donna sia subordinata al marito, in quanto molti pensano che la donna sia obbligata a portare il velo. Ciò è smentito dalla testimonianza di Mounir e Samia i quali affermano che la donna non è affatto condizionata o subordinata al marito, né per quanto riguarda la sua vita sociale, né per la questione del velo. Infatti ogni donna è libera di mettere o non mettere il velo. Coloro che lo mettono, lo usano per scelta e perché lo dice il Corano e non perché il marito lo impone. Questo però non vale solo per la loro cultura, infatti anche la mediatrice culturale Kaoutar ci testimonia che in Marocco si è manifestato lo stesso fenomeno: “La donna decide se mettere o no il velo, oggi in Marocco il 90% non lo porta più. Ci sono anche mariti che obbligano la donna a togliere il velo perché la vogliono occidentalizzata”.
Da ciò è emerso che non è possibile generalizzare nell’ambito delle diverse culture in quanto, come afferma la sig.ra Pamela Marelli, responsabile dello sportello d’ascolto di Gardone V.T.: ”C’è chi impedisce alla moglie di uscire di casa e c’è chi è molto aperto verso gli altri”. Proprio per questo motivo gli stereotipi che si creano non hanno giustificazione.

LA FAMIGLIA IMMIGRATA A GARDONE

Ci è stato riportato dalla dott. Elena Gallinari, che nella cittadina di Gardone Val Trompia, i membri delle varie etnie tendono a “ghettizzarsi” e a non socializzare, non solo con gli autoctoni ma anche tra di loro.
Questo fatto, però non è da considerare in generale, poiché incide moltissimo la cultura di una determinata etnia.
Gli immigrati di origine pakistana, come sottolinea la mediatrice culturale Sofia, la dott. Gallinari e Adriano Galletti (membro dell’associazione Karibu), almeno a Gardone, tendono molto più a stare isolati e a non tenere rapporti fuori dalla loro cerchia famigliare, questo diversamente dai senegalesi che sono molto più aperti culturalmente (come ci è stato riportato dal mediatore culturale senegalese Barah). Questo fatto può dipendere anche dal fenomeno del ricongiungimento famigliare.
Dal 2002, secondo i rapporti caritas-migrantes, l’immigrazione è nel 50% frutto del ricongiungimento famigliare,almeno in Italia.
Questo fatto comporta così un’immigrazione sempre più propensa alla stabilità e così anche più favorevole all’integrazione.
La maggior parte delle etnie pratica moltissimo questo tipo di immigrazione, altre, come per esempio i senegalesi o le donne dell’est Europa (che svolgono il lavoro di badanti nel nostro paese) non attuano quasi mai il ricongiungimento.
Vi sono diverse tipologie di famiglie immigrate ed è proprio tale diversità di modelli famigliari in una convivenza inter-etnica ad incidere fortemente sulle famiglie immigrate stesse.
Proprio per questo è giusto dire che le famiglie immigrate  non sono omogenee tra loro e sono portatrici di esperienze culturali dissimili. Nelle famiglie immigrate i soggetti affrontano i traumi e i problemi provocati dal quotidiano vivere nella società, e proprio i membri riversano le problematiche legate all’emigrazione e all’integrazione nella nuova società. Questo fatto fa sì che  la famiglia immigrata sia molto fragile e debole. Bisogna aggiungere anche il fatto che l’emigrazione da un Paese non è mai un’esperienza gratificante e facile da affrontare, sia dal punto di vista materiale che morale.
E’giusto pensare che non vi è una vera e propria famiglia immigrata “standardizzata” poiché ogni famiglia è un dato a sé con delle proprie caratteristiche che possono differire sia dalla cultura d’origine, sia dalla personalità dei membri che la compongono e anche da un dato molto importante che tendiamo a sottovalutare,  cioè dal tempo che la famiglia stessa si trova in un luogo. In media  con il passare del tempo si è quasi “obbligati” ad integrarsi all’ interno del luogo (paese, città, quartiere) in cui ci si trova.
La dott. Gallinari ha anche detto che a Gardone Val Trompia la maggior parte delle famiglie immigrate risiedono e si trovano nel centro storico (via Zanardelli), cioè nel punto più degradato della cittadina, questo perché gli affitti sono meno elevati e perché essi si adattano con più facilità in locali privi di comfort. Questo fatto poiché le famiglie immigrate hanno quasi sempre difficoltà economiche.
Proprio nei pressi di questo quartiere si trova una sede della Caritas che porge aiuto alle famiglie in difficoltà.
Da ciò che ci è stato detto e confermato da Galletti, anche a Gardone V. T.  il compito di mantenere la famiglia dal punto di vista economico riguarda il padre ed è soprattutto la madre che si occupa dell’educazione dei figli (questo può variare rispetto al paese d’origine). La figura del figlio, ci è stato sottolineato dalla dott. Pamela Marelli, è caratterizzata dall’essere anello di giunzione che salda la storia presente con quella dei predecessori.
Il figlio è una sorta di garanzia della permanenza dei genitori nel Paese in cui sono emigrati. Se i genitori sono in grado di donare al figlio una forte identità culturale, questo sarà in grado di affrontare nel modo più adeguato le difficoltà correlate all’immigrazione.
Per facilitare l’educazione dei figli e delle donne stesse sono stati organizzati dei corsi di alfabetizzazione con il centro territoriale educazione permanente, questi sono dedicati in particolare alle donne immigrate, primo “veicolo” della nostra cultura nelle famiglie straniere.
Nell’anno scolastico 2006-2007 i corsi tenuti sono stati due con la partecipazione di ben 50 donne.
Nella cittadina di Gardone (via Carducci) si è anche attivato un servizio, lo sportello d’ascolto dove opera la dott. Pamela Marelli, molto importante perché si stabilisce una collaborazione tra la scuola e le famiglie per facilitare le relazioni e favorire l’inserimento dei bambini.


I SERVIZI

          
Ø LA RETE SERVIZI
Ø I FINANZIAMENTI DELLE ISTITUZIONI
Ø L’INTERVENTO SUL SOCIALE DELLE ISTITUZIONI
Ø IL VOLONTARIATO
Ø ATTEGGIAMENTI CULTURALI
  

LA RETE DEI  SERZIZI



         Progetti interculturali:
- Timbuctù
- Oltre il cancello

                                               SCUOLA                                   

Sportello d’ascolto                                                     

















 


                                                                                          

COMUNE:
Ass. sociale
Anagrafe

                                                                                                                     Sportello
                                                        COMUNITA’ MONTANA                questura  














 



                                                                                                                    
                                                                                                                                

Mediatori linguistico- culturale
                                                                              Consultorio:                                                      
                                          Ass. Karibu                 psicologo
                                                                              ginecologo
                                                                   ostetrica


Il Comune entra in relazione con il territorio e i suoi enti attraverso la Comunità Montana.
Un’istituzione molto importante poiché permette ai vari comuni di entrare in relazione tra loro e dialogare, discutere sui vari problemi e portare le proprie esperienze positive riguardo il fenomeno immigratorio.
La Comunità Montana ha creato una rete di servizi che permette di coinvolgere le varie associazioni, trovando soluzioni che siano utili per tutti.
Questa rete dei servizi è una struttura complessa, articolata in più punti, facente capo ad un unico centro, appunto la Comunità Montana che organizza gli enti presenti sul territorio, i rapporti tra essi e i finanziamenti.
La Comunità Montana riceve i contributi dal comune per finanziare i servizi sovracomunali e allo stesso tempo alcuni servizi del comune vengono finanziati dalla comunità.
Essa finanzia lo sportello d’ascolto, il quale è uno spazio dove le persone immigrate possono ottenere una serie di informazioni utili per meglio vivere la loro nuova realtà, esso funge da supporto per gli individui in difficoltà.
Lo sportello d’ascolto (Pamela Marelli)  è collegato all’anagrafe (del comune), che fornisce informazioni su nuove regolarizzazioni o altro.
A sua volta la Comunità Montana finanzia anche lo sportello questura, dove gli immigrati possono rivolgersi evitando lunghe code per pratiche burocratico-amministrative, come il rinnovo della carta o permesso di soggiorno.
La Comunità Montana oltre queste attività finanzia anche i consultori (di Sarezzo e Tavernole), che garantiscono un aiuto e un supporto alle persone poiché dispone di varie figure specializzate: assistente sociale, psicologo, ginecologo, ostetriche (Elena Rampini).
A Gardone il comune finanzia l’assistente sociale (Silvia Pedretti), la quale si occupa del campo minorile e di quello famigliare. In questo ambito le problematiche sono in maggior numero legate agli immigrati. I vari casi vengono trattati indifferentemente senza alcuna discriminazione..
Le problematiche più diffuse riguardano i permessi di soggiorno, il ricongiungimento famigliare e le condizioni femminili e minorili. I principali problemi sono di carattere economico e sociale.
La Comunità Montana oltre a dare un contributo economico, svolge l’organizzazione sul territorio di alcuni progetti (“Oltre il cancello” a Gardone e “Timbuctù” a Lumezzane), questo per facilitare l’integrazione degli stranieri nel nostro paese.
Tramite questi progetti gli immigrati imparano a stare a contatto con la nuova realtà culturale, tanto da far divenire la diversità culturale, stimolo per proporre un’ esperienza di conoscenza di sé e del proprio modo di vivere l’altro, prendendo coscienza di sensazioni, pregiudizi, sperimentando esperienze di fiducia, ascolto, cooperazione, collaborazione, attenzione alla memoria storica ed alle caratteristiche di identità specifica del proprio ambiente di vita.
Inoltre la Comunità Montana finanzia associazioni come la Karibu e rende possibile la presenza sul territorio di mediatori linguistico-culturali, che offrono aiuto agli individui che presentano problemi a contatto con la nuova realtà.

I FINANZIAMENTI DELLE ISTITUZIONI
Al fine di sostenere i progetti per gli immigrati, le istituzioni gardonesi hanno bisogno di ricevere appoggi finanziari da parte degli enti e delle associazioni presenti sul territorio che permettono in questo modo l’adempimento di tali programmi. Riportiamo di seguito le varie istituzioni, specificando per ognuna l’aspetto economico.

  • Comune di Gardone V. T.: i progetti servizi sovracomunali sono sostenuti dalla Comunità Montana, ma allo stesso tempo alcuni servizi del Comune vengono finanziati da quest’ultima, definendo così un rapporto di reciproco sostegno economico tra le due istituzioni;
  • Assistenza sociale: i fondi necessari alla risoluzione delle problematiche di ordine sociale provengono sia dal Comune che dalla Comunità Montana. Spesso si nota anche una forte solidarietà tra le stesse comunità;
  • Comunità Montana: il fondo comune della Comunità Montana è stato utilizzato per diverse attività, le quali:
- sportello questura: 37.882,00€;
- sportello d’ascolto: 69.134,64€;
- contributo corsi di alfabetizzazione: 8.000,00€;
- mediazione linguistica: 2.000,00€;
- progetto Timbuctù: 20.000,00€;
Tutto questo per un totale di 137.016,64€;
  • Centro Territoriale Intercultura (CTI): riceve essenzialmente finanziamenti sia da alcuni enti locali, come la comunità Montana ed il Comune, sia dello Stato. Inoltre a partire dal 2004/05 anche  il Ministero della Pubblica Istruzione ha offerto dei fondi a tutte le scuole che fanno parte delle aree a forte processo immigratorio. La cifra assegnata varia in base al numero degli immigrati sul territorio ma essenzialmente si aggira intorno ai 6/7.000€. 
  • Associazione Karibu: gli aiuti economici non sono molti e derivano da donazioni, dagli affitti delle case, dall’investimento dei profitti derivanti dai servizi (dal 2000 al 2004), dai contributi derivanti dal commercio (i negozi) e dalla Comunità Montana. Alcuni stanziamenti provengono anche dalle casse dello Stato e della regione, anche se in quantità minore.
  • Sportello d’ascolto: gli stanziamenti provengono dalla Comunità Montana, ma lo sportello d’ascolto dipende anche dalla cooperativa “Il mosaico” di Lumezzane.

L’INTERVENTO SUL SOCIALE DELLE ISTITUZIONI
Sul territorio di Gardone V.T. alcune istituzioni stanziano fondi per migliorare il livello di integrazione degli immigrati.
Il Comune entra in relazione con il territorio e i suoi enti attraverso la Comunità Montana; un’istituzione molto importante poiché permette ai vari comuni di interagire tra loro e dialogare, discutere sui vari problemi e portare le proprie esperienze positive riguardo il fenomeno immigratorio.
La Comunità Montana finanzia vari progetti che si estendono su tutta la Val Trompia, come il progetto Camelot, un punto di ascolto per giovani ed adolescenti, il progetto sulle dipendenze; questo è possibile grazie ad una legge, più precisamente la Legge 328 del 2000 che prevede un finanziamento da parte dello Stato ai Comuni e ai vari Enti che presentano domanda per impostare progetti e lavori in campo sociale all’interno delle varie comunità (quindi anche per l’immigrazione).
Riguardo all’immigrazione la Comunità Montana prevede due attività fondamentali:
  • Lo sportello Questura, dove gli immigrati possono rivolgersi evitando lunghe code per pratiche burocratiche e amministrative, come il rinnovo della carta o permesso di soggiorno.
  • L’attività di sportello di ascolto che permette un ascolto e un supporto agli immigrati in difficoltà nel nostro Paese.
Questi sportelli sono presenti in tutta la Valle Trompia, per esempio a Lavone, Gardone V.T. Villa Carcina e Nave, per agevolare gli immigrati sparsi nella Valle.
La Comunità Montana finanzia anche i Consultori (Sarezzo e Tavernole) che garantiscono un aiuto e un supporto alle persone, poiché dispongono di varie figure specializzate: assistente sociale, psicologo, ginecologo, ostetriche. Silvia Perdetti, l’assistente sociale agevola le famiglie con dei finanziamenti offerti dal Comune e dalla Comunità Montana. Gli interventi dell’assistente sociale sono indirizzati soprattutto verso i componenti più deboli della famiglia, ovvero le donne e i minori.
Lo sportello è finanziato dalla Comunità Montana e dipende dalla cooperativa “Il mosaico” di Lumezzane.
Inoltre sovvenziona dei corsi di alfabetizzazione soprattutto per le donne.
La seconda istituzione che stanzia fondi intervenendo sul sociale è il Comune che provvede a garantire dei finanziamenti all’assistente sociale Silvia Pedretti per agevolare le famiglie con difficoltà economica, che siano o no immigrati. Stanzia alcuni fondi a favore della comunità montana.
Il comune provvede anche alla Karibu, un’associazione creata per i principali bisogni degli immigrati; opera al posto degli stranieri che non conoscono la lingua e avrebbero quindi problemi sul piano della comunicazione e sul piano burocratico.
Di questo ci ha parlato il signor Gianni, volontario che si occupa di prendere appuntamenti telefonici; secondo lui: “I fondi stanziati per il nostro servizio non sono molti, in genere di questi stanziamenti si occupano i comuni che si prestano ad inviare fondi alla comunità montana che provvede a farli avere alla Karibu. Alcuni stanziamenti provengono anche dalle casse dello stato e della regione, anche se in quantità minore.”

IL VOLONTARIATO
La cooperativa Karibu è un’associazione di volontariato, nata nel ’93 con lo scopo di alloggiare temporaneamente gli immigrati che in quanto stranieri non riuscivano ad ottenere un’abitazione. Nel ’96 essa è entrata in collaborazione con la consulta zonale della Caritas, con la quale ha aperto un centro d’ascolto; questa collaborazione ha favorito l’aumento dei volontari. Nel 2000 ha deciso di gestire il servizio agli immigrati in convenzione con gli enti locali dei comuni di Gardone, Villa Carcina e Sarezzo, mettendo a disposizione degli stranieri altri sportelli. Nel 2001 ha avuto la possibilità di gestire, grazie alla Comunità Montana, il servizio di ascolto e di raccolta pratiche, come ricongiungimento, rinnovo permesso di soggiorno e carta di soggiorno, mediante sei dipendenti collocati in cinque sportelli diffusi in tutta la Valle Trompia. Nel 2004 questi servizi sono stati dismessi, pur collaborando ancora con la tenuta registri.
Attualmente la cooperativa gestisce due botteghe del commercio equo-solidale: una a Bovezzo e l’altra a Gardone. L’attenzione  è rivolta a questo tipo di commercio perché attraverso esso si possono agevolare progetti di lavoro nel terzo e quarto mondo, cercando di scardinare la tendenza delle multinazionali che tengono per sé tutti i profitti.
Il giovedì pomeriggio inoltre vengono distribuiti vestiti usati con offerta per evitare l’accaparramento. Il sabato mattina sono aperti dei centri d’ascolto per agevolarli nella ricerca delle case. Gli immigrati possono anche usufruire del servizio di aiuto riguardo alle pratiche e alla loro stesura.
Nel corso degli anni la natura della cooperativa si è modificata poiché da cooperativa di volontariato sociale è diventata una cooperativa di tipo B, cioè che deve avere alle proprie dipendenze un dipendente diversamente abile. Il ridimensionamento dell’attività di volontariato della cooperativa Karibu, potrebbe essere dovuto alle difficoltà sorte nel rapporto tra volontari e immigrati. Molti immigrati per esempio alloggiavano nel centro di accoglienza più del tempo previsto e a causa delle loro condizioni precarie non riuscivano a pagare l’affitto; di conseguenza la Karibu non riusciva a ripagare il prestito alla banca. Ulteriore difficoltà evidenziata da Adriano Galletti è il rapportarsi alle diverse persone anche in base alle diverse etnie. Oltre a ciò, sempre secondo Galletti, si possono notare problemi riguardanti la percezione che i cittadini di Gardone hanno verso le iniziative della cooperativa. Molti vedono in negativo le agevolazioni date dall’associazione agli immigrati nel trovare una sistemazione e soprattutto sono gli abitanti del centro storico che manifestano disapprovazione alla vicinanza tra le loro abitazioni e quelle degli immigrati. Inoltre è probabile che a Gardone esista una sola cooperativa di volontariato a causa della difficoltà dei rapporti che si vengono a creare tra immigrati e volontari ed anche per la scarsa disponibilità e accettazione da parte dei cittadini verso gli immigrati. 



ATTEGGIAMENTI CULTURALI
Analizzando le interviste svolte  agli enti di Gardone VT che lavorano a contatto con gli immigrati, si possono distinguere diversi atteggiamenti culturali e diversi modi di rapportarsi al fenomeno migratorio.
Si può stabilire una prima distinzione fra l’atteggiamento di coloro che tendono ad caratterizzare e qualificare una persona in base all’etnia e l’atteggiamento di coloro invece ritengono che la cultura d’appartenenza sia molto meno influente e determinante.
Galletti ritiene che con le diverse etnie ci si debba relazionare in modo differente perché in base alla sua esperienza ha potuto constatare che molti immigrati sono più chiusi e più restii ad accettare la nuova società rispetto ad altri; questo dipende dalla cultura d’appartenenza dell’immigrato che molto spesso caratterizza in modo determinante l’identità degli individui che vi appartengono. Per esempio il magrebino, l’algerino e il marocchino sono più pretenziosi, presuntuosi,  non accettano determinate condizioni e perciò con loro è molto difficile relazionarsi. Ciò non accade con coloro che provengono per esempio dall’Africa nera con i quali è possibile instaurare relazioni più vere. Nonostante ciò Galletti afferma che i bisogni che esprimono gli immigrati sono tutti uguali e di conseguenza il modo con cui si cerca di aiutarli e di far fronte a questi loro bisogni è identico, indipendentemente dalla cultura a cui appartengono.
Anche l’ostetrica Elena Rampini  attua una sottile distinzione tra donne africane e donne pakistane rispetto al diverso livello di indipendenza e di autonomia nei confronti del  marito. Essa ha notato che le donne pakistane sono maggiormente dipendenti dal marito soprattutto per la loro scarsa conoscenza della lingua; di fatti vengono sempre accompagnate dal marito. Le donne africane invece sono molto più aperte e libere, si informano attivamente dei servizi disponibili e agli incontri partecipano con le amiche. Per l’ostetrica è importante conoscere  la provenienza della paziente e della famiglia perché bisogna adottare comportamenti differenti. Infatti il marito della donna pakistana, non essendo abituato a parlare con la moglie di certi argomenti, spesso non riferisce tutto ciò che l’ostetrica dice, tralasciando particolari che a volte possono essere importanti. In questo caso  l’ostetrica tende a fare più visite e controlli.
Al contrario Pamela Marelli sostiene che non è possibile generalizzare riguardo agli immigrati, poiché ogni persona ha un modo diverso di rapportarsi con la cultura italiana. Quindi è la storia personale del soggetto e il motivo che lo ha spinto ad emigrare ad influire sul suo comportamento in questo paese.
Questo è anche il punto di vista di Elena Gallinari secondo la quale non si può e non si deve assolutamente  generalizzare poiché ogni singolo individuo, anche se della medesima etnia, ha un rapporto differente con la cultura italiana  e con il processo di integrazione.
Michele Gussago, sindaco del Comune di Gardone, ritiene che l’immigrazione non deve essere vissuta come un problema e una realtà a sé stante ma deve essere vista trasversalmente in tutti i settori dell’attività comunale. Le peculiarità di una persona che appartiene ad una cultura diversa non devono essere né trascurate né considerate come elementi negativi di differenziazione. Per questo le regole che gestiscono i servizi del comune devono essere uguali per tutte le categorie sociali. Per esempio i requisiti per avere agevolazioni per la mensa scolastica sono gli stessi per tutti, non variano in base alla provenienza o alla religione.
L’assistente sociale Silvia Pedretti tratta indifferentemente tutti i casi senza alcuna discriminazione, prescindendo dall’etnia o dalla nazionalità. Inoltre nei colloqui con il cittadino immigrato, l’assistente sociale cerca di mantenere un comportamento rispettoso anche se spesso gli immigrati presentano atteggiamenti e comportamenti ormai superati e biasimati dalla nostra società.
L’atteggiamento culturale della preside Caccagni e della responsabile del CTI Enrica Coccoli consiste nell’agevolare l’integrazione dei bambini stranieri e delle loro famiglie attraverso progetti interculturali, che promuovono la conoscenza dell’altro finalizzata alla crescita. Partendo dal presupposto che tutte le culture sono uguali e che la diversità è fonte di ricchezza, la scuola odierna si è prefissa il compito di aiutare i bambini stranieri nel mantenimento della propria cultura d’origine e di aiutare l’intera famiglia nell’apprendimento della lingua seconda, fondamentale conoscenza per l’inserimento nella nuova società.



L’IMMIGRAZIONE NELLE SCUOLE DI GARDONE V.T.
 
Ø I DATI
Ø  SCUOLA DELL’INFANZIA
Ø  SCUOLA DI PRIMO GRADO
Ø  SCUOLA MEDIA INFERIORE
Ø  SCUOLA MEDIA SUPERIORE
¨      Liceo scientifico
¨      Liceo Socio-Psico-Pedagogico
¨      Itis
¨      Ipsia

Ø CTI, CTP E PROGETTI INTERCULTURALI




 I DATI
Il fenomeno immigratorio a Gardone V. T. interessa anche l’istituzione scolastica che negli ultimi anni, a causa del ricongiungimento famigliare che ha provocato una maggiore incidenza del numero dei minori, ha subito una grande influenza da parte della popolazione straniera rispetto a quella italiana. Ci siamo quindi avvalsi dei dati derivanti da diverse istituzioni del nostro territorio per creare una panoramica approfondita di questo fenomeno. Abbiamo voluto studiare l’immigrazione nelle scuole suddividendo il percorso scolastico nei quattro gradi che solitamente si considerano: scuola dell’infanzia, scuola di primo grado, scuola media inferiore e scuola media superiore.

Tutti i dati si riferiscono all’anno scolastico 2005/2006.

SCUOLA DELL’INFANZIA
 Sul territorio di Gardone V. T. sono presenti tre scuole dell’infanzia: G. Burrasca, Ajmone e Bassoli. Complessivamente gli stranieri dai tre ai sei anni iscritti in queste tre scuole sono 37, con un’incidenza rispetto alla presenza italiana del 16.3%. Nella scuola G. Burrasca troviamo solo un alunno straniero rispetto ad un gruppo di 36 bambini italiani; molto probabilmente questo è dovuto al fatto che tale scuola si trova in una piccola frazione del comune, Magno, che conta un numero di abitanti nettamente inferiore rispetto a Gardone V. T.. Invece, nella scuola Ajmone, gli alunni stranieri sono 9 su un totale di 91 (8.8%). Per concludere nella scuola Bassoli il totale del numero degli stranieri è notevolmente superiore rispetto agli altri istituti. I bambini stranieri sono 27, con una percentuale rispetto al totale del 23.6%. Inoltre è presente sul territorio gardonese un’altra scuola dell’infanzia, ma in quanto istituto privato non abbiamo dati statistici che ci permettano di fare un confronto con le altre scuole. Seppur senza una rilevanza del tutto certa ed oggettiva, sappiamo che sono presenti alunni stranieri, ma non siamo a conoscenza del numero complessivo.

SCUOLA DI PRIMO GRADO

 Le scuole primarie sono quattro: Frank, Rodari, don Milani e Andersen. Nella prima, situata nel comune di Inzino, il numero degli stranieri ammonta a 24 rispetto ad un totale di 159 (il 15%). Nella scuola primaria Rodari il numero degli alunni italiani è di 100 mentre di quelli stranieri è di 26, con un’influenza quindi del 26%. Nella scuola elementare statale Andersen, il numero degli alunni totali è 335 divisi in 299 alunni italiani e 36 alunni stranieri (10.7%).

SCUOLA MEDIA INFERIORE

La scuola media a Gardone V. T. è soltanto una e presenta un numero di alunni stranieri di 51 unità, rispetto alle 219 degli alunni italiani. L’influenza straniera è quindi del 18.8%. Il numero complessivo degli alunni italiani dei gradi sopra citati è di 1019, mentre gli stranieri raggiungono i 183 individui. C’è quindi una presenza straniera del 15.2%.
Abbiamo suddiviso i vari alunni stranieri frequentanti l’Istituto Comprensivo, cioè l’insieme delle scuole materne, elementari e medie statali (escluse quelle private), in base alla loro etnia.

 Le etnie di maggiore provenienza degli alunni stranieri sono: Pakistan (40), Burkina Faso (25), Albania (21), Marocco (19).  Minore rilevanza invece hanno soprattutto Moldavia, Ucraina, India, Senegal e  Nigeria con un numero di 2/3 alunni.

SCUOLA MEDIA SUPERIORE
Abbiamo analizzato l’influenza degli alunni stranieri nelle scuole medie superiori suddividendole in base agli indirizzi di studio presenti sul nostro territorio.
Liceo Scientifico

Il numero dei ragazzi stranieri iscritti al Liceo Scientifico Moretti di Gardone V. T. è di 14, distribuiti nelle varie classi:
  • Prima superiore: l’incidenza degli alunni stranieri rispetto agli italiani è del 4.7%;
  • Seconda superiore: l’incidenza è del 5.9%;
  • Terza superiore: la presenza straniera è appena dell’ 1.1%;
  • Quarta superiore: gli alunni stranieri rappresentano l’1.4%;
  • Quinta superiore: gli stranieri all’ultimo anno di liceo sono l’1.6%.

Liceo Socio-Psico-Pedagogico
Il numero degli alunni stranieri totale nell’indirizzo socio psico pedagogico è di 5 unità.

  • Classi prime: gli stranieri rappresentano il 4.8%;
  • Classi seconde: la presenta straniera ammonta a 5.5%;
  • Classi terze: il numero della presenza straniera inizia a diminuire, e l’incidenza cala al 2.8%;
  • Classi quarte e quinte: non sono presenti alunni stranieri.
 ITIS Beretta
 La presenza totale straniera all’ITIS di Gardone V. T. è di 12 alunni:
  • Prima superiore: l’incidenza degli alunni stranieri rispetto agli italiani è del 5.3%;
  • Seconda superiore: l’incidenza è del 3.1%;
  • Terza superiore: gli stranieri sono appena del 3.2%;
  • Quarta superiore: gli alunni stranieri rappresentano il 3.6%;
  • Quinta superiore: la presenza straniera all’ultimo anno è del 3.2%.

IPSIA Zanardelli
 Abbiamo analizzato della presenza straniera dell’istituto IPSIA di Gardone V. T. esaminando ogni classe.
Classi prime:

Gli alunni stranieri iscritti alla prima classe dell’istituto sono 18 e rappresentano il 33.4% sul totale. 14 di questi sono stati promossi (3 per merito e 11 con debiti formativi); il numero dei bocciati equivale a 4 unità e non c’è stato riscontro di alunni ritiratisi durante il corso dell’anno.  

Classi seconde:

Gli alunni stranieri iscritti alla seconda classe sono 13 e rappresentano il 32%. 7 tra questi sono stati promossi con debito, mentre 5 sono stati i bocciati. Soltanto un alunno si è ritirato durante il corso dell’anno. 

Classi terze:

Gli alunni iscritti alla terza classe sono solamente 6 (14%), mentre il numero degli italiani è di 38 unità. Agli esami di Stato i diplomati stranieri sono stati 4; gli altri 2 si sono ritirati durante il corso dell’anno e nessun alunno straniero, di conseguenza non è stato ammesso agli esami.
Classi quarte:

Gli alunni stranieri iscritti al penultimo anno di scuola superiore sono solamente 2 (8%), un numero esiguo rispetto agli iscritti degli anni precendenti. Entrambi sono stati promossi senza debiti formativi.

Classi quinte:

La percentuale degli alunni stranieri iscritti all’ultimo anno è uguale a quella dell’anno scolastico precedente ed equivale all’8%, rispetto al 92% degli alunni italiani. Non siamo però a conoscenza di dati specifici su promozioni o bocciature che hanno avuto luogo nel corso dell’anno scolastico.


CTI, CTP E PROGETTI INTERCULTURALI
Con l’aumento della popolazione straniera nel territorio di Gardone V.T. si è venuta a creare la necessità di affrontare problemi legati a questa elevata presenza. Nel territorio della Valtrompia esistono enti deputati all’integrazione e all’istruzione degli stranieri, come il CTI, centro territoriale intercultura (responsabile per la Val Trompia è Enrica Coccoli), e il CTP EDA, centro territoriale permanente educazione degli adulti (responsabile la Preside Caccagni), i quali comprendono alcuni progetti per le classi d’istruzione inferiore (elementari), mentre per le classi d’istruzione secondaria abbiamo un’unità di apprendimento sperimentata all’interno dell’istituto I.P.S.I.A. di Gardone V.T.
Il CTI, ovvero il centro territoriale intercultura, nato nel 2004 dal C.S.A. di Brescia, prevede la presenza di 9 docenti che si occupano di intercultura e di vari progetti inerenti ad essa nel territorio bresciano. Le funzioni del C.T.I. sono principalmente quattro, ovvero: divulgazione delle strategie per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri, relazione tra le scuole e tra i progetti interculturali interni a queste, consulenza ai docenti per l’aiuto ad alunni stranieri, e infine messa a disposizione di materiali utili per l’accrescimento culturale. All’interno del C.T.I. troviamo diversi progetti: ad esempio “Timbuctù”, che inizialmente interessava solo le classi delle scuole elementari, ma dal 2006 è stato introdotto anche nelle scuole medie. Esso prevede una crescita positiva del rapporto IO-ALTRO, quindi un miglioramento della relazione tra i bambini e soprattutto tra italiani e immigrati, e la sensibilizzazione e riflessione da parte degli alunni sulle tematiche dell’intercultura e dell’immigrazione, che attraverso incontri laboratoriali, dovrebbero portare ad uno scambio di conoscenze.  Un altro progetto è “Oltre il cancello”, nato nel 2001, applicato alle scuole di Gardone V.T. per dare la possibilità agli stranieri di ricevere maggiore attenzione da parte dei docenti. Dal 2002 inoltre vi è anche la partecipazione degli alunni italiani in quanto in questo modo si può avere uno scambio interculturale più intenso. Questo progetto è stato esteso anche nel periodo estivo, ma solamente agli alunni stranieri come assistenza per lo svolgimento dei compiti estivi. Infine troviamo un ulteriore progetto, “Comunicando”, nato anch’esso nel 2001, che dà sostegno alla relazione scuola-famiglia con interventi diretti da parte di operatori territoriali e dell’assistente sociale al fine di risolvere delle problematiche e conoscersi a vicenda.
Per quanto riguarda i finanziamenti troviamo gli enti territoriali, quali Comunità montana e il Comune di Gardone V.T., e dal 2004 lo Stato stesso, il quale fornisce fondi alle scuole delle aree a forte processo migratorio.
Negli anni ’60 nascono poi  in Italia settentrionale, i centri territoriali permanenti, i CTP. In provincia di Brescia sono otto e disposti sul territorio in modo da soddisfare con più facilità i cittadini bresciani, italiani e non, appoggiandosi anche ad enti privati. I compiti principali del CTP sono: l’alfabetizzazione primaria che prevede l’apprendimento della lingua italiana a diversi livelli dando la disponibilità di partecipare a corsi a Nave, Concesio, Villa Carcina, Gardone V. T., Marcheno, Tavernole e Lumazzane e corsi specifici per le donne a Nave, Concesio, Carcina, Sarezzo, Gardone V. T., Lumezzane e Marcheno, un’ulteriore alfabetizzazione alla lingua inglese e spagnola a Sarezzo, Nave e Concesio, competenze informatiche a Concesio, educazione ai beni culturali, educazione ambientale, all’economia, al lavoro, alla salute, all’ambito teatrale-cinematografico e corsi pre-professionalizzanti a Villa Carcina. Anche l’ASL riveste un piccolo ruolo, occupandosi di incidenti domestici, igiene familiare e alimentazione corretta. Una realtà a se stante è quella dei ragazzi immigrati che dovendo conseguire la licenza di terza media per potersi diplomare agli istituti superiori, devono seguire dei corsi specifici per il recupero di tale licenza. Per quanto riguarda, invece, i corsi specifici per le donne immigrate bisogna fare una precisazione in quanto queste, vivendo realtà di emarginazione, isolamento e maggiore fatica all’integrazione, hanno la necessità di far fronte a maggiori problemi e per questo, sono stati organizzati incontri mattutini dedicati completamente a loro, nei quali vengono insegnate le basi più elementari. È importante istruire anche i genitori che, altrimenti, non possono aiutare i figli a scuola e non possono integrarsi con il resto della popolazione, per incrementare la partecipazione agli incontri si è provveduto anche a come badare ai figli delle donne che partecipano ai corsi di istruzione, affidando i bambini a una custode dell’istituto per tutta la durata dell’incontro. Gli ultimi episodi riguardanti gli omicidi avvenuti a Brescia e provincia negli scorsi mesi, hanno però  fatto sì che quasi la totalità delle donne e dei giovani si siano isolati da questi centri, facendo crollare così mesi di lavoro e riproponendo la necessità di promuovere nuove campagne per l’alfabetizzazione.
Per quanto concerne le classi di istruzione secondaria invece,  l’Istituto Beretta di Gardone V.T. si avvale di un progetto interculturale per il recupero dell’esame di terza media, diretto agli studenti che, non avendolo affrontato, non potrebbero essere ammessi all’esame di maturità.  Gli obiettivi principali del progetto negli istituti superiori sono:
-          Fornire gli strumenti linguistici di base per comprendere la lingua.
-          Per le scuole con indirizzo scientifico è fondamentale fornire anche gli strumenti scientifici per permettergli di raggiungere il diploma.
-          Stimolare il lavoro di gruppo all’interno del corpo docenti.
-          Coordinare il lavoro con i Centri Territoriali Permanenti (CTP) che si occupano di stranieri.                                    
I problemi si pongono principalmente con i ragazzi che, appena giunti in Italia, devono iscriversi alle scuole superiori, pur non conoscendo l’italiano, in quanto per apprendere le basi della nostra lingua è necessario un lasso di tempo di circa un anno mentre per poterla padroneggiare correttamente ne occorrono circa cinque.  Per questo motivo sono state adottate delle misure che tendono a semplificare, a livello linguistico, alcune prove scolastiche in modo tale da far apprendere gradualmente l’uso dei termini appropriati e da mettere i ragazzi in condizione di padroneggiare la lingua in funzione dell’esame del terzo anno. I ragazzi stranieri devono essere iscritti alle classi che dovrebbero affrontare se fossero nel loro Paese, tranne in casi in cui un ragazzo appena arrivato non parli una parola di italiano, in questo particolare caso viene iscritto, sempre all’istituto superiore ma in prima. All’interno di questo progetto, inoltre, ci si occupa dell’istruzione dei genitori degli alunni stranieri, per i quali sono stati istituiti, come suddetto, dei corsi specifici e mirati. Il progetto di intercultura, del quale si occupa personalmente la Prof. Pasinelli, è in stretta collaborazione con i commissari degli enti territoriali e coopera anche con la signora Coccoli del CTI. Per il primo quadrimestre dell’anno scolastico 2005/06 sono state previste due u.d.a. (unità di apprendimento) nell’Istituto Superiore Ipsia di Gardone: la prima, che ha occupato un lasso di tempo di circa due mesi, consisteva nella visione di un film, nella lettura di articoli di giornale o libri e realizzazione di alcuni giocattoli in modo tale da ampliare gli orizzonti culturali coinvolgendo non solo aree linguistiche, ma anche tecnico-professionali e storico-giuridiche; mentre la seconda consisteva nella partecipazione di tornei sportivi, in modo tale da aumentare la socializzazione mediante il gioco di squadra.





Ø      INCONTRI ED INTERVISTE
¨      Prof. Simeone (Università di Macerata)                                                     
¨      Preside prof. Caccagni e prof. Pedretti (CTP EDA)                                   
¨      Elena Gallinari (Comunità Montana Val Trompia) 
¨      Pamela Marelli (Sportello d’ascolto)                                                        
¨      Enrica Coccoli                                                                               
¨      Adriano Galletti (associazione Karibu)                                                        
¨      Gianni (associazione Karibu)                                                                      
¨      Silvia Pedretti (assistente sociale)                                                               
¨      Elena Rampini (ostetrica, Consultorio di Sarezzo)                                      
¨      Battista Maggi (direttore risorse umane Beretta)                                        
¨      Kahili (responsabili sportello immigrazione cgil)                                         
¨      Michele Gussago (sindaco di gardone V.T.)                                              
¨      Prof. Fulvia Pasinelli                                                                                 
¨      Don Marco                                                                                              
¨      Mediatori Culturali                                                                                   
¨      Mounir e la moglie Samia                                                                         

Ø      DATI STATISTICI            
¨      1992                                                                                                       
¨      1998                                                                                                       
¨      2002                                                                                      
¨      2005                                                                                      
¨      2007                                                                                      
1. INCONTRI ED INTERVISTE

Incontro prof. Simeone
Abbiamo incontrato il professor Simeone a cui abbiamo esposto i punti fondamentali della nostra ricerca davanti ai compagni della 4° A spp.
Il lavoro che abbiamo esposto era schematizzato in punti:
-          Cosa (obiettivi della nostra ricerca)
-          Quando (tempi di ricerca)
-          Come (differenze tra ricerca qualitativa e quantitativa nel nostro lavoro di ricerca)
-          Limiti della ricerca ed elaborazione dei dati raccolti

Alla fine della nostra esposizione il professor Simeone ha commentato il nostro lavoro analizzando ogni aspetto. Egli ha iniziato il suo discorso spiegandoci come funziona la ricerca ovvero come un setaccio attraverso cui noi tratteniamo alcune cose e ne lasciamo andare altre.
 È necessario compiere un’operazione interpretativa, poi si vede che tipi di dati si vogliono andare a cercare e come si pensa di raccoglierli.
Secondo il professore potrebbe essere utile confrontare i dati raccolti relativi al territorio di Gardone con i dati della provincia di Brescia e quelli a livello nazionale. Ci ha informato sul fatto che esistono molti enti che hanno analizzato il problema dell’immigrazione: esiste un osservatorio provinciale della provincia di Brescia su tale fenomeno; anche a livello nazionale ci sono alcune associazioni e alcune fondazioni che si occupano di questo; i principali sono due: un istituto della fondazione Carialo che è l’ISM a Milano che si occupa di ricerca e potrebbe essere una fonte di materiale, e poi c’è la Caritas di Roma, non quella nazionale, che da sei o sette anni pubblica un annuario sull’immigrazione con tutti i dati statistici.
Simeone ha specificato che è utilissimo cercare di capire che cosa succede a Gardone, ma può essere anche utile cercare di capire quali sono le dinamiche, le differenze e le analogie tra ciò che succede a Gardone e tra ciò che sta succedendo nella provincia di Brescia e in Italia. Per lui potrebbe essere interessante mettere a confronto i dati nazionali con quelli specifici di Gardone per osservare se vi sono delle tipicità legate al territorio. Il primo consiglio che ci ha dato è di affidarsi a ricerche già svolte in modo da trovare il confronto già fatto e di risparmiare fatica.
Altro suggerimento che ci ha dato è che nella ricerca non siamo soli, ci dobbiamo collegare con chi già ha fatto ricerca in questo campo.  Importante, per lui è mantenere un atteggiamento critico perché non è detto che il lavoro svolto da altri sia infallibile. Per capire alcuni aspetti più qualitativi, per lui, bisogna intervistare qualcuno che conosce il fenomeno perché è molto vicino alla realtà dell’immigrazione o perché lo vive in modo diretto.
Secondo lui la perdita di oggettività della ricerca qualitativa è utile perché permette di approcciarsi al fenomeno da più punti di vista: “Il pregio di tale ricerca è conoscere gli aspetti che alle statistiche sfuggono, infatti, la ricerca quantitativa non ci dice niente sulla vita delle persone.
Anche il ricercatore fa parte della ricerca e per certi aspetti la condiziona.
Infatti, alcune volte, il fatto stesso che la ricerca sia commissionata da grandi enti può spaventare le persone che rispondono, altre volte, quando è svolta da ragazzi è possibile che l’intervistato non prenda adeguatamente sul serio la ricerca.
Uno svantaggio delle ricerche è la necessità di costi legati alle risorse sia umane che economiche.”.
Simeone ha specificato anche l’importanza di porsi domande critiche che aiutano lo sviluppo della ricerca.
Secondo lui un compito del ricercatore è quello di non farsi influenzare dai propri pregiudizi, altrimenti si tenderebbe a considerare solo ciò che dimostra e conferma la nostra visione del fenomeno.
Simeone, poi, ci ha portato a riflettere su chi sono per noi gli immigrati perché non bisogna dare niente per scontato, ad esempio guardandoli attraverso uno stereotipo tendiamo a considerare immigrarti solo coloro che provengono dal Terzo Mondo o sono in condizioni precarie.
Secondo lui, per svolgere al meglio il nostro lavoro si dovrebbe scandire i diversi tipi di immigrazione, infatti, ne esistono più di uno mossi tutti da svariati motivi: vi è l’immigrazione dovuta alle guerre o alle malattie oppure l’immigrazione di coloro che si trasferiscono in un altro paese per motivi di studio o perché riescono a trovare un lavoro che li retribuisca bene.
Per lui dobbiamo renderci conto che la nostra definizione di immigrato sarà comunque parziale anche perché dovremmo smettere di considerare immigrati quelli che hanno ottenuto la cittadinanza italiana.
Altro importante consiglio che ci ha fornito è stato quello di vedere come sono stati catalogati i dati, altrimenti correremmo il rischio di accomunare dati raccolti con criteri diversi.
Ci ha poi fatto notare come con la nostra ricerca potremmo fare capire a coloro che possiedono dei pregiudizi, che la condizione di immigrato è molto più seria e grave di quanto appare ai nostri occhi: è utile perseguire tale scopo, quando può aiutare numerose persone a cambiare idea sugli immigrati.
Il professor Simeone poi, ha sottolineato un’altra questione importante che riguarda i rifugiati politici infatti il nostro Paese non pone limite al loro arrivo. 
Ci ha anche fatto notare che abbiamo tralasciato la questione degli immigrati irregolari, cioè che non sono registrati in nessun archivio e che quindi risultano inesistenti: sarebbe utile informare, con una premessa generale del nostro lavoro, che siamo a conoscenza della presenza di tali immigrati sul territorio italiano.
La nostra idea iniziale era quella di fare delle interviste a dei testimoni privilegiati, cioè che lavorano nell’ambito della scuola e che sono a contatto con il fenomeno.
Simeone ci ha fatto notare che facendo così potrebbe però accadere che gli immigrati si sentano attaccati da noi che vogliamo conoscere la condizione femminile e quella minorile relativa alla loro cultura. Questo è un argomento molto delicato che va trattato con cautela, poiché si rischia di offendere le persone cui poniamo tale intervista. Secondo lui, il rischio cui potremmo andare incontro è quello di rivolgere l’intervista ad individui che non vogliono collaborare con il nostro progetto; per evitare tutto ciò è importante preparare le domande dell’intervista in modo che non feriscano le persone intervistate.
Ci ha poi spiegato che anche il modo con cui viene posta l’intervista richiede notevole attenzione perché noi potremmo utilizzare dei vocaboli che loro non conoscono e sarebbe dunque necessario rispiegare il concetto o la domanda stessa con termini più semplici e comprensibili.
 Ci ha informato del fatto che è vero che ci sono molte differenze culturali, soprattutto tra uomo e donna, ma è vero anche che molte volte queste differenze servono per formare la cultura stessa.
Per lui la questione sorge quando la differenza diventa disuguaglianza, quando cioè questa diversità di modi di fare, di sentire, di vivere, diventa una discriminante rispetto ad alcune attività; ciò riguarda sia noi che la nostra cultura, perché ad alcuni comportamenti femminili sono posti dei limiti.
Ultimamente tale differenza viene percepita di meno, poiché la donna si sta emancipando sempre di più. 
Fondamentale, secondo il suo parere, prima di procedere, dato che è una questione molto delicata è utile informarsi e approfondire le conoscenze sulla cultura in generale e se stanno avvenendo modifiche nella cultura d’origine.
Ultimo consiglio che ci ha dato è che è importante avere un profondo rispetto per le persone che si incontrano e per le persone sulle quali si vuole conoscere qualcosa. Non bisogna partire da una posizione di giudizio verso l’altro, ma da quella di chi è curioso e vuole capire anche cose che ci sembrano incomprensibili. Inoltre dobbiamo sempre essere rispettosi nei confronti dell’altro e non giudicarlo in quanto non tutte le differenze sono irrispettose della persona, inoltre la cultura del “diverso” è fonte di arricchimento per il nostro bagaglio culturale.

CTP EDA (Centro territoriale permanente educazione degli adulti):
Incontro con la prof. Caccagni (Preside del comprensivo Bachelet di Lumezzane) e il prof. Pedretti, insegnante.

CTP, cosa sono e di cosa si occupano?
I CTP ampliano l’ambito di intervento a tutta la popolazione adulta, ereditano le funzioni e le tradizioni dei corsi di licenza media per i lavoratori, propongono un ventaglio di opportunità formative, visto che il mondo odierno ha delle richieste specifiche, quali la licenza media per entrare nel mondo del lavoro, e ciò riguarda soprattutto le donne di età compresa tra i 40 e i 50 anni. I compiti dei centri CTP sono l’alfabetizzazione primaria che comprende l’apprendimento della lingua italiana finalizzata ad una crescente capacità del cittadino a partecipare alla vita culturale e sociale del paese da parte degli stranieri e analfabeti. Apprendimento della lingua inglese, per avvicinare i cittadini italiani e non, alla dimensione europea della comunicazione; oltre a ciò, si propone l’apprendimento a nuove abilità e competenze legate all’uso del computer sia sul piano lavorativo che di comunicazione sociale e di promozione culturale. Altri compiti legati ai centri CTP sono l’educazione ai beni culturali ( visite guidate alla città, mostre, musei), l’educazione ambientale, all’economia, lavoro, salute e all’ambito teatrale-cinematografico.

Dove sono e a chi si appoggiano
I centri CTP in provincia di Brescia sono otto e disposti sul territorio in modo da soddisfare con più facilità i cittadini bresciani.(Sale Marasino, Chiari, Bovezzo, Brescia Nord e Sud, Marcheno, Villa Carcina e Lumezzane). I CTP si appoggiano ad altri enti quali enti privati ( agenzie di lavoro come la ADECCO), associazioni di volontariato( Pamela Marelli dello sportello di ascolto, dipende dalla cooperativa IL MOSAICO), enti locali pubblici ed istituti scolastici. Possiamo dire quindi che esiste una sorta di collaborazione di tutti questi enti messi insieme.

Come nascono
Negli anni ’60 sul territorio dell’Itali Settentrionale, esisteva il diritto rimborsato allo studio, cioè per avere la licenza media si potevano affrontare corsi alle scuole serali, le cosiddette scuole spontanee fondate da giovani laureati. Al giorno d’oggi, invece, sono 400 ore disponibili per corsi nelle scuole serali, ed è un’esigenza molto sentita per garantire il diritto allo studio.



Alcune problematiche
Nel mese di Ottobre si sono avuti dei risvolti abbastanza positivi, visto che sia la questura che la prefettura hanno firmato ufficialmente un documento di fondamentale importanza, nel quale si tratta di argomenti quali il ricongiungimento familiare e l’inserimento scolastico dei ragazzi stranieri.
In vista dell’ultimo problema si è deciso che un ragazzo straniero dai 16 anni in poi, può accedere alle scuole superiori soltanto se in patria aveva già frequentato per 9 anni una scuola, altrimenti saranno proprio i centri CTP che lo aiuteranno ad apprendere le basi della lingua.
Altro problema che si è presentato è quello dell’utilizzo della lingua italiana nelle discipline scolastiche specifiche e il fatto che se al termine del ciclo di studi compiuto, non si ha almeno la licenza media, quell’esame non potrà essere sostenuto.
Un ultimo problema riguarda il mondo delle donne, le quali vivendo realtà di isolamento, fanno più fatica ad integrarsi. Per porre fine a questa questione, si è deciso di organizzare degli incontri mattutini dedicati completamente alle donne, nei quali vengono insegnate loro le basi più elementari. Anche l’ASL riveste un piccolo ruolo, infatti si occupa di incidenti domestici, igiene familiare e alimentazione corretta. Un ultimo problema, è la mancanza di istituzioni che si occupino delle persone più emarginate, quali i carcerati o le persone affette da handicap.
Gli ultimi episodi riguardanti gli omicidi avvenuti a Brescia e provincia negli scorsi mesi, hanno fatto sì che quasi la totalità delle donne e dei giovani, forse per paura, si siano isolati da questi centri, facendo crollare così mesi di lavoro, dato che si è dovuto ripartire da zero, promuovendo nuove campagne di alfabetizzazione.

 I centri CTP hanno organizzato dei corsi, per l’alfabetizzazione degli adulti,suddivisi in livelli( analfabeta, pronto soccorso linguistico, livello base, livello intermedio,livello avanzato e propedeutico alla licenza media) solamente in alcuni paesi( Nave, Concesio, Villa Carcina, Gardone V. T., Marcheno, Tavernole e Lumazzane ). Altri corsi per l’alfabetizzazione delle donne  ( Nave, Concesio, Carcina, Sarezzo, Gardone V. T., Lumezzane e Marcheno), corsi di informatica      ( Concesio ), corsi lingua straniera ( inglese, spagnolo ) a Sarezzo, Nave, Concesio. Infine ci sono a Villa Carcina corsi pre-professionalizzanti,.
                                                                             








La Comunità Montana:

Intervista a Elena Gallinari.

Elena Gallinari è la responsabile dei servizi, progetti e di tutto ciò che riguarda la comunità montana rispetto all’immigrazione; dal 1972 lavora a Gardone V.T., ma prima di arrivare in Comunità Montana ha lavorato in molti altri luoghi: Comune di Lumezzane, Comune di Gardone V.T., USSL e ASL (Azienda Sanitaria Locale). Già da molti anni, però, lavora all’interno della Comunità Montana.

Le attività sociali della Comunità Montana
La Comunità Montana è un’istituzione molto importante che si occupa di vari settori sul territorio, tra cui l’immigrazione. Finanzia vari progetti che si estendono su tutta la Val Trompia, come il progetto Camelot, un punto di ascolto per giovani ed adolescenti, il progetto sulle dipendenze; questo è possibile grazie ad una legge, più precisamente la Legge 328 del 2000 che prevede un finanziamento da parte dello Stato ai Comuni e ai vari Enti che presentano domanda per impostare progetti e lavori in campo sociale all’interno delle varie comunità (quindi anche per l’immigrazione).
Sul piano dell’immigrazione vi è un’altra legge molto importante: la legge 40 del 1998, che garantisce due attività fondamentali:
-  lo sportello Questura, dove gli immigratiti possono rivolgersi evitando lunghe code per pratiche burocratiche-amministrative come il rinnovo della carta o permesso di soggiorno,
-  l’attività di sportello di ascolto, che permette un ascolto e un supporto agli immigrati in difficoltà nel nostro Paese.
Questi sportelli sono presenti in tutta la Valle Trompia; per esempio a Lavone, Gardone V.T., Villa Carcina e Nave, per agevolare gli immigrati sparsi nella Valle.
La Comunità Montana, oltre a queste attività, finanzia anche i Consultori (Sarezzo e Tavernole) che garantiscono un aiuto e un supporto alle persone, poiché dispone di varie figure specializzate: assistente sociale, psicologo, ginecologo, ostetriche.

I dati sull’immigrazione
I dati in possesso della Comunità Montana, fino all’ultima ricerca del settembre 2006, rilevano come l’immigrazione in Valle Trompia aumenta considerevolmente ogni anno: nel dicembre del 2002 la percentuale di stranieri era del 4.23%, e nell’agosto del 2006 siamo arrivati al 7.80%; questo può farci capire quanto è in movimento il fenomeno dell’immigrazione, non solo su scala nazionale, ma anche nella realtà locale.
Nel 2004 i paesi di provenienza degli immigrati in Valle erano 66, nel 2006 siamo passati a 92.
Le percentuali della provenienza degli immigrati sono:
-  Asia     = 29,36 % ® 2564 persone
-  Africa             = 39.04 % ® 3409 persone
-  America          = 2.41 % ® 211 persone
-  Est Europa      = 29.17 % ® 2547 persone
Per un totale di 8731 immigrati residenti nella Valle
I maschi sono 4993, le donne presenti 3738, per una percentuale di popolazione femminile pari al 42,81%. I minori sono 2413 che rappresentano il 27,63%.
Infine la dottoressa Gallinari ha esposto le spese che sono state affrontate riguardanti il tema dell’immigrazione:
-SPORTELLO QUESTURA: 37.882,00 EURO
-SPORTELLO D’ ASCOLTO: 69.134,64 EURO
-CONTRIBUTO CORSI ALFABETIZZAZIONE: 8.000,00 EURO
-MEDIAZIONE LINGUISTICA: 2000,00 EURO
-PROGETTO TIMBUCTU’: 20.000,00 EURO
Tutto questo per un totale di 137.016,65 euro

Considerazioni sul problema integrazione
La grande varietà etnica presente in Val Trompia, presenta problematiche complesse di integrazione: ogni etnia ha un rapporto con la cultura italiana che si differenzia in basa alla cultura di origine.
Su questo punto la dott.ssa Gallinari ha però aggiunto e sottolineato che non si può e non si deve assolutamente generalizzare , poiché ogni singolo individuo, anche se della medesima etnia, ha un rapporto differente con la cultura italiana  e con il processo di integrazione .
Ci sono poi diversi progetti migratori dipendenti tendenzialmente dalle etnie di provenienza, che danno origine a fenomeni differenti su ricongiungimento famigliare, processo di integrazione ecc. Per esempio, i pakistani tendono a ricongiungersi con la famiglia dopo un breve periodo; i senegalesi molto meno; oppure, come nel caso dei rumeni, chi emigra tende a non stabilizzarsi e mandare il maggior numero possibile di risorse in patria, dove restano i famigliari.
Lo Sportello d’ascolto:
colloquio con Pamela Marelli

Cos’è lo sportello d’ascolto?
E’ uno spazio dove le persone immigrate possono ottenere una serie di informazioni utili, per meglio vivere la loro nuova realtà.

Dove si trova?
Si trova a Gardone Val Trompia in via Carducci, 10

Da chi è finanziato?
Dalla comunità montana e dipende dalla cooperativa “Il mosaico” di Lumezzane.

Di cosa si occupa?
Mi occupo dello sportello 8 ore settimanali: 2 ore direttamente in sede, 1 ora alla scuola media per problemi famigliari e 5 ore su segnalazioni delle istituzioni nelle case.
Gli immigrati possono ricevere informazioni su come si fa la tessera sanitaria, su dove si svolgono i corsi di lingua italiana, su come si fa l’iscrizione a scuola. Ogni persona che si presenta completa una scheda in cui, oltre ai dati anagrafici, compare il motivo della richiesta, di modo da far emergere le esigenze maggiori della popolazione straniera a Gardone. Possono ricevere un aiuto per affrontare i cambiamenti legati al ricongiungimento familiare.

Quali sono le lingue fondamentali nel suo lavoro?
Sono l’inglese e il francese, anche se sarebbe utile conoscere anche l’urdu e l’arabo.

Chi informa lo sportello d’ascolto dei nuovi arrivi di immigrati?
La segnalazione della presenza di nuovi extracomunitari a Gardone è data dall’anagrafe.

Quali sono le etnie che maggiormente frequentano lo sportello?  
Le etnie più rappresentate sono: Pakistan, Albania, Senegal e Ghana.

Quali sono le richieste maggiori?
Riguardano la consultazione delle liste della questura e la documentazione  richiesta per il rinnovo del permesso di soggiorno.
Non mancano richieste specifiche come la possibilità di ottenere diplomi certificanti una buona conoscenza della lingua italiana.

Agisce, quindi, direttamente sul territorio?
Si, ad esempio se un alunno immigrato ha problemi scolastici o i genitori non si presentano ai colloqui, l’insegnante lo segnala e mi reco direttamente a casa dai genitori.
Per questo si parla di interazione famiglia - istituzioni.

Le frequenze dei corsi di italiano?
Le frequenze sono diminuite, forse a causa dei 16 euro all’anno di tassa di iscrizione introdotti quest’anno. Attualmente partecipano al corso 25 donne straniere, l’anno scorso erano 40.

Questo calo di frequenze è imputabile solo alla non gratuità dei corsi?
Sicuramente molte donne non partecipano ai corsi perché hanno figli piccoli e non sanno a chi affidarli in quell’arco di tempo, altre non vengono poiché l’italiano alle donne serve poco, stando sempre in casa.
Si cerca comunque di convincerle visto che devono seguire i figli nei compiti scolastici a casa.

Considerazioni della responsabile sul rapporto cultura - immigrazione
Non è possibile generalizzare riguardo agli immigrati, poiché ogni persona ha un modo diverso di rapportarsi con l’altro. C’è chi impedisce alla moglie di uscire di casa, c’è chi è molto aperto verso gli altri.

Influisce, quindi, la storia personale del soggetto sul comportamento in questo paese?
Certo, il comportamento in questo paese non dipende solo dall’atteggiamento individuale ma dalle tipologie di immigrazione: c’è chi emigra per lavoro, chi per amore, chi per fuggire dalla guerra.
“L’accoglienza” nelle case degli immigrati è sempre buona, sia con donne che con uomini.

Com’è la realtà degli immigrati nella nostra comunità (e non solo)?
La realtà degli immigrati nella nostra comunità è simile alla situazione nazionale e si comprende a fondo sapendo che essi non fanno sapere in patria delle difficoltà incontrate, poiché il loro essere presenti qui è un investimento economico e non solo, non si può tornare nel paese d’origine avendo fallito.
  

Problematiche che il mediatore culturale può far sorgere?
Il mediatore culturale è un ruolo molto delicato; infatti, se non rispetta le differenze culturali delle etnie, rischia di far nascere conflitti interni alla famiglia.

Cosa ha cambiato l’attuazione della Bossi - Fini nell’immigrazione?
Essa ha sancito alcune novità quali la necessità del contratto di soggiorno per ogni rinnovo di permesso e l’istituzione dello sportello unico per l’immigrazione, al quale la questura ha delegato le pratiche di ricongiungimento.
Diverse persone si sono recate allo sportello per sapere le varie novità.
Per alcuni ragazzi si è creato il problema del datore di lavoro che non era disponibile a firmare il contratto di soggiorno, rendendosi così garante anche per l’alloggio.
Il rischio per questi ragazzi è che, pur essendo regolari, avendo una casa ed un lavoro rischiano di non ottenere il rinnovo del permesso.



CTI:
Incontro con Enrica Coccoli

Come si è arrivati all’ istituzione del Cti?
Attualmente Gardone  ha raggiunto il numero maggiore di immigrati nelle scuole dell’ obbligo di tutta la Valle Trompia (183 alunni stranieri  e 27 figli di coppie miste su 1000 iscritti), con 24 etnie presenti sul territorio. Per questa ragione negli anni si è fatta sempre più sentire la necessità di affrontare i problemi legati alla presenta di un numero così elevato di stranieri a scuola e di approfondire la questione dell’ intercultura. E’ importante premettere che quando si parla di intercultura si vuole intendere non solo uno scambio di culture ma anche, più in generale, la conoscenza dell’altro finalizzata alla crescita. A seguito di una minima selezione che è stata fatta nel territorio della Lombardia 3 anni fa , è partito il progetto pilota (l’unico della regione) che ha visto l’istituzione del C.T.I (centro territoriale intercultura). Esso nasce quindi nel 2004 dal C.S.A di Brescia,  che attualmente ha mutato la sua sigla in U.S.P (ufficio scolastico provinciale).
In che modo la nostra legislazione si è avvicinata al problema dell’ intercultura?
 Il primo grande interesse della legislazione legata al C.T.I.  è dato dalla circolare ministeriale 301 del 1989, che ha parlato per prima di educazione interculturale alla base del lavoro didattico e dell’inserimento degli alunni stranieri a scuola. Non si può pensare infatti di accogliere degli alunni stranieri a scuola insegnandogli solo l’italiano, ma è necessario sia favorire la loro integrazione, sia sostenere e tutelare la loro cultura d’origine. Una seconda legge è del 1993 in cui si parla di intercultura come prevenzione e contrasto al razzismo; altra legge molto importante è la numero 40 del 1998 in cui per la prima volta viene introdotto il termine “scambio culturale” finalizzato alla crescita nel confronto con la diversità. Inoltre nel 2001 si sono avviati progetti per permettere la formazione dei docenti nei confronti dell’educazione interculturale. Nel 2002 la legge Bossi- Fini non ha sostanzialmente modificato le precedenti leggi nell’ambito della scuola, che può ancora accogliere studenti senza permesso di soggiorno. Tra il 2002 e il 2005 lo Stato ha stanziato dei fondi a supporto della formazione dei professori sia della creazione di una prima accoglienza degli studenti stranieri a scuola (come l’istituzione di corsi d’italiano L2 e di licenza media).

Come è strutturato il Cti? Che funzione ha?
Il C.T.I, la cui sede è a Sarezzo nella scuola Primo Levi,  prevede la presenza di 9 docenti che coprono tutto il territorio bresciano e lasciano la cattedra per occuparsi di intercultura e dei vari progetti. Il servizio che esso offre è un servizio di consulenza con una funzione anche strumentale nella scuola. Ogni mese il C.T.I. tiene degli incontri con il C.S.A., finalizzati al confronto e alla condivisione delle pratiche e dei progetti interculturali e talvolta anche di materiale. I principali compiti del Cti sono:
      Costruire, raccogliere e divulgare buone pratiche didattiche. Mediante l’esperienza maturata nelle attività di laboratorio e nei corsi di formazione, i vari docenti si impegnano a far conoscere le migliori strategie per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri. La sola professionalità non basta ad essere competenti in questi progetti interculturali.

      Facilitare la collaborazione fra le scuole e la condivisione di progetti. Si accompagna in questo modo la formazione, con verifiche finali e verifiche intermedie,  della progettualità interculturale che ogni scuola ha al suo interno.

      Offrire un servizio di consulenza ai docenti che avessero bisogno di metodi e di strategie per progettare l’apprendimento degli alunni stranieri, valutarlo e verificarlo.

      Mettere a disposizione materiale pratico, come libri, cd e testi didattici che possono servire a completare i progetti che la scuola ha in corso. È un materiale che viene ampliato di anno in anno in base ai convegni, ai seminari che la scuola, il territorio o addirittura il Ministero organizzano. Importante è notare come, a differenza di qualche anno fa, questo servizio è ampliamente utilizzato; ciò dimostra come la necessità di progettualità interculturale è viva e funzionante e come la sensibilità delle persone a questi fini è aumentata.


Oltre al CTI (che si occupa solo di progettualità interculturale finalizzata all’ integrazione), a Gardone è presente anche il CTP, centro territoriale permanente; esso è nato con lo scopo di fornire un’ alfabetizzazione di base e di dare possibilità di conseguire la licenza media, attraverso un corso di 150 ore. Attualmente è divenuto sempre più un servizio usufruito da immigrati e all’originario nome Ctp si è aggiunta la sigla Eda (educazione adulti).

 


Relazioni con il territorio e progetti interculturali

Quali sono i progetti attualmente presenti nelle scuole?
      Progetto “Timbuctù”:
Nasce come mostra itinerante in Valle, grazie alla mente di alcuni educatori che fanno parte dell’ associazione il “Mosaico” di Lumezzane. Attualmente viene finanziato dalla Comunità Montana che in particolare paga gli educatori titolari di questo progetto. All’ inizio interessava solo le classi delle scuole elementari ma da quest’anno (2006) si è riusciti a farlo decollare anche nelle scuole medie. Il progetto Timbuctù ha il compito di sensibilizzare e di far riflettere gli studenti sulle tematiche legate all’interculturalità e all’immigrazione. Esso prevede 6 incontri laboratoriali di 2 ore ciascuno in cui generalmente vengono affrontate le tematiche del viaggio emigratorio, del ricordo legato alla ricostruzione dell’identità dell’immigrato e dei valori culturali; questi temi vengono sviluppati attraverso laboratori, storie, racconti, esperienze personali, il tutto finalizzato ad uno scambio di conoscenze. Il Cti ha contribuito anche alla progettazione di tale progetto.
Progetto “Oltre il cancello”
È un progetto svolto dai docenti della scuola insieme a collaboratori esterni negli orari extra scolastici. Viene finanziato dalla Comunità Montana. Dal 2001 da progetto pilota si è esteso a tutte le scuole di Gardone (Andersen, Anna Frank, Rodari, Don Milani) che lo finanziano da sé, retribuendo anche i docenti che se ne occupano. Inizialmente il progetto veniva fatto solo per gli alunni stranieri come momento di incontro, così che i docenti potessero dare loro più attenzione. Era strutturato in 8-10 pomeriggi dalle 16.30 alle 18.30.  Dal secondo anno il collegio docenti ha deciso di estenderlo anche agli alunni italiani al fine di favorire una maggiore integrazione e conoscenza interculturale. Grazie alla sensibilità delle famiglie, il numero di iscritti è stato da subito buono. Oggi il progetto viene svolto in 15-20 ore annuali in base ai fondi e all’organizzazione delle singole scuole. Questo progetto prevede lavori su fiabe, musica, giochi, cucina, così da avere uno scambio culturale molto intenso. Per quanto riguarda il progetto cucina, sono gli stessi alunni che portano gli ingredienti e preparano con l’aiuto degli insegnanti i piatti tipici, solitamente freddi. Oltre ciò, si scrive anche un diario di bordo collettivo nel quale si riportano le attività e le riflessioni relative  ad ogni incontro, anche per giustificare l’uso delle ore. Gli stessi genitori sono molto coinvolti e contenti del progetto.
 Progetto “Oltre il Cancello d’Estate”
Poiché i genitori stranieri spesso non sono in grado di aiutare i figli nei compiti assegnati per casa, a causa dell’insufficiente conoscenza della lingua italiana, è nato nel 2003 il progetto “Oltre il Cancello  d’Estate”. Si è scelta l’estate perché è proprio in questo periodo che l’apprendimento diviene più labile. A questo progetto partecipano solo alunni stranieri che vengono suddivisi in piccoli gruppi (12-13 alunni), in base alle loro esigenze formative. Viene svolto dal 1 al 30 luglio in 12 incontri di 2 ore ciascuno, in cui gli alunni si incontrano con gli educatori per svolgere i compiti estivi. Il progetto è sempre autofinanziato dalla scuola.
Progetto “ comunicando”
Nasce cinque anni fa per creare un rapporto a “tavolino” tra docenti e famiglie straniere che non conoscono il sistema scolastico. Infatti le famiglie in un primo tempo non si presentavano agli incontri anche se convocate e non firmavano gli avvisi anche se tradotti nella loro lingua. La scuola ha deciso di affiancarsi a figure come operatori territoriali (finanziati dalla Comunità Montana), mediatori  delle 24 etnie presenti sul territorio, che sono presenti negli incontri tra docenti e genitori che la scuola richiede alle famiglie immigrate. Generalmente l’operatore territoriale è una donna, per noi Pamela Marelli, che tiene anche uno Sportello Immigrati a cui gli immigrati, appunto, si recano per le comunicazioni pratiche del concreto quotidiano, come la carta e il permesso di soggiorno. Fondamentale è il collegamento che la dott.ssa Marelli effettua tra le famiglie immigrate e la scuola.  Questa operatrice, che viene pagata dalla Comunità Montana, il giovedì mattina, dalle 9.00 alle 10.00, si trova alla scuola Canossi; qui incontra il referente intercultura che gli sottopone le tematiche rilevate in classe (assenze, ecc.). A seguito delle segnalazioni del C.T.I. l’operatrice si reca personalmente il sabato mattina dalle famiglie in questione per cercare di risolvere i problemi e presentare il progetto “comunicando”. Quest’ ultimo  è una sorta di tavola rotonda e con esso si vuole cercare di conoscersi a vicenda; è quindi un gruppo di riflessione dove interviene anche l’Assistente Sociale ed è presieduta sempre dal Preside della scuola.

Il Cti riceve dei finanziamenti per la realizzazione di questi progetti?
Il Cti riceve essenzialmente dei finanziamenti sia da alcuni enti locali, sia dello Stato. Per quanto riguarda gli enti, bisogna dire che il terrirorio di Gardone è molto attento alle tematiche presenti al suo interno. Infatti la Comunità Montana e il Comune hanno contribuito ai servizi offerti dal Cti, non solo stanziando fondi, ma anche intervenendo con delle progettualità. Grazie a ciò, le scuole di Gardone hanno potuto fruire di corsi di formazione gratuiti e di personale specializzato, come gli educatori, che ha contribuito, insieme agli insegnanti, ai percorsi laboratoriali istituiti.  Inoltre a partire dal 2004 – 2005 anche  il Ministero della Pubblica Istruzione ha offerto dei fondi a tutte le scuole che fanno parte delle AA FPI, aree a forte processo immigratorio. Per ottenere questi fondi la scuola deve fare richiesta all’Usp, il quale dopo aver fatto un’indagine quantitativa (numero degli immigrati sul territorio) e qualitativa (qualità dei progetti presenti), assegnerà  una certa cifra alla scuola in questione , che va dai 6 ai 7 mila euro.

Associazione “Karibu”
Intervista ad Adriano Galletti

Lei fa parte dell’associazione Karibu: quando avete deciso di costituirvi come cooperativa?
Noi ci siamo costituiti come cooperativa nel 1993 in seguito alla possibilità di acquistare due case a Gardone in via Zanardelli. All’inizio eravamo una ventina di persone di estrazioni diverse ed esperienze diverse. Eravamo nati proprio perché il grande problema per l’immigrato nel ’93 (c’erano 94 immigrati a Gardone adesso sono circa 900 i residenti) era il mercato immobiliare che era manchevole ed insicuro perchè i proprietari non volevano vendere le loro case agli stranieri.

Cosa ha segnato maggiormente il vostro percorso?
Abbiamo fatto due tappe interessanti: la prima tappa riguarda la collaborazione della consulta zonale della Caritas con la quale abbiamo aperto nel ’96, un centro d’ascolto che ha permesso di far entrare nel nostro gruppo membri della consulta zonale. La seconda tappa è invece rappresentata dal progetto della casa d’accoglienza. Abbiamo ospitato più di 110  persone e anche se non potevano, per regolamento, rimanere per più di tre mesi, abbiamo dato loro alloggio anche per sei o sette mesi. Alcuni sono stati nel nostro centro d’accoglienza per ben due anni. Il nostro fine era quello di alloggiare temporaneamente gli immigrati per poi trovare una soluzione. Nel 2000 abbiamo deciso di gestire i servizi agli immigrati non più come volontariato ma in convenzione con gli enti locali (comune di Gardone, Villa Carcina e Sarezzo) mettendo a disposizione degli immigrati altri sportelli. Nel 2001 abbiamo avuto la possibilità di gestire grazie alla comunità montana, il servizio di ascolto e di raccolta pratiche (ricongiungimento, rinnovo permesso di soggiorno e carta di soggiorno) mediante sei dipendenti collocati in cinque sportelli diffusi in tutta la valle Trompia. Abbiamo dimesso questi servizi nel 2004, non li gestiamo più, però collaboriamo ancora con la tenuta registri.

Avete avuto delle difficoltà?
Abbiamo avuto un collasso economico in quanto, a causa della precarietà in cui vivono, gli immigrati non potevano permettersi di pagare le rette in mancanza di soldi, rette che ci servivano per coprire il debito fatto con la banca per poter acquistare la casa.

Adesso che progetti state portando avanti?
Adesso gestiamo solo due botteghe del commercio equo-solidale: una a Bovezzo e l’altra a Gardone. La nostra attenzione  è maggiormente rivolta al commercio equo-solidale, attraverso il quale potremo agevolare progetti di lavoro nel terzo e quarto mondo, cercando di scardinare la tendenza delle multinazionali che tengono per sé tutti i profitti. La nostra idea è di fare solidarietà aiutando gli immigrati stando attenti a non entrare in questioni economiche. Il giovedì pomeriggio inoltre distribuiamo vestiti usati con offerta per evitare l’accaparramento. Il sabato mattina abbiamo aperto dei centri d’ascolto per agevolarli nella ricerca delle case. Gli immigrati possono anche usufruire del servizio di aiuto riguardo alle pratiche, dando loro una mano a stenderle. Ma abbiamo di molto limitato i nostri progetti.

Ricevete finanziamenti?
I finanziamenti che riceviamo derivano da donazioni, dagli affitti delle case, dall’investimento dei profitti derivanti dai servizi (dal 2000 al 2004), dai contributi derivanti dal commercio (i negozi) e dalla Comunità Montana.

Nell’associazione ci sono anche volontari immigrati?
In questo momento no, non ci sono immigrati che fanno determinate cose per l’associazione perché abbiamo ridotto le nostre attività. Prima sì. Siamo in una fase di declino riguardo al lavoro con gli immigrati. Abbiamo modificato in modo radicale la natura della cooperativa di volontariato sociale perché per questioni burocratiche siamo dovuti diventare una cooperativa sociale di tipo B che obbliga ad avere alle proprie dipendenze un dipendente diversamente abile.

Che ne pensano gli italiani di questa associazione? Qualcuno si è schierato apertamente contro?
Come associazione siamo sempre stati legati maggiormente a Gardone in quanto qui, seguiamo molte case, soprattutto il centro storico. Le persone del centro storico non ci vedono molto bene perché abbiamo portato gli immigrati nelle loro case, vicino a loro. Non abbiamo avuto grandi problemi di razzismo ma degli scontri sempre gestibili.

Avete avuto la percezione che voi foste percepiti come una risorsa piuttosto che come un problema?
Prima, quando le nostre attività erano maggiori, eravamo percepiti da alcuni come un problema da altri come risorsa, alla fine siamo riusciti ad essere percepiti come persone che danno una mano al territorio perché gli immigrati possano accedere ad una qualità di vita migliore.

Lei lavora per gli immigrati da più di dieci anni, ci può fare una breve sintesi dell’evoluzione del fenomeno migratorio di questi ultimi tempi?
In valle abbiamo avuto un’esplosione del fenomeno immigratorio dal 2000: infatti nel 1995 la presenza di immigrati era del 1% mentre nel 2000 del 4%. Attualmente viaggiamo sul 10%. Sebbene ci sia stato un incremento dal 1% al 4% tra il 1995 e il 2000, la vera e propria esplosione è avvenuta dopo il 2000, dovuta proprio alle richieste di lavoro, soprattutto in case dove si assistono anziani e disabili. L’economia attuale li richiede perché sono sempre di meno gli italiani che vogliono lavorare ad esempio, nelle piccole fabbriche in quanto i giovani al giorno d’oggi ambiscono a studiare. A Gardone si è passati dal  2,6% al 8-9% di immigrati.

Chi emigra e perché si emigra?
L’occidente attrae, attrae lo stile di vita occidentale. Chi fa l’esperienza di immigrato non si trova in una situazione di estrema precarietà nel Paese d’origine perché se fosse così non se la potrebbe permettere.

Quali sono le etnie presenti sul nostro territorio che si rivolgono a voi?
Le etnie che sono sempre state maggiormente presenti sul nostro territorio e che si rivolgono a noi sono: Albania, Marocco, Pakistan e Senegal. Quindi abbiamo delle peculiarità sul  nostro territorio e questo è dovuto in parte anche al richiamo: ad esempio se si trova un lavoro stabile si chiamano altri connazionali creando così veri e propri nuclei etnici.

Quando si lavora con persone immigrate è importante sapere la cultura e l’etnia di provenienza oppure questo aspetto è indifferente?
Con le diverse etnie ci si relaziona in modo differente ma il bisogno che esprime l’immigrato è uguale quindi le risposte che si danno sono sostanzialmente identiche, dunque in questo caso la diversità culturale non fa la differenza.

Quali differenze si possono notare?
Il Magreb, il Marocco, la Tunisia e L’Algeria poiché provengono da un’esperienza francese che li ha segnati, hanno una storia immigratoria più antica rispetto ai Paesi dell’Africa nera. Il marocchino, il magrebino e l’algerino in particolare è di interesse più pretenzioso, più presuntuoso, più dignitoso, non accetta facilmente certe condizioni come se ci fosse una sorta di rigidità rispetto al popolo europeo. E’difficile relazionarsi con loro.
Con coloro che provengono dall’Africa nera di instaurano invece delle relazioni più vere. Anche per quanto riguarda il ricongiungimento famigliare si possono constatare delle difformità: i senegalesi sono ancora molto restii al ricongiungimento famigliare, hanno un progetto migratorio più da single, ovviamente ci sono anche delle eccezioni. Mentre la tipologia del pakistano e dell’albanese tende a  ricongiungere la famiglia.
Ci sono anche delle diversità tra il Ghana del nord e quello del sud. Quindi non ci sono distinzioni solo tra diversi Paesi ma anche all’interno di uno stesso Paese. I ganesi del sud che stanno nella zona di Accra, sono cristiani mentre quelli del nord sono mussulmani e sono soprattutto legati alla Mauritania, a Mali e al Senegal. Il Ghana del nord rispetto a quello del sud ha avuto una storia diversa. Anche dal punto di vista economico ci sono alcune difformità: l’area più sviluppata in effetti corrisponde alla zona di Accra quindi il Ghana del nord rispetto a quello del sud è più arretrato.
La colonizzazione ha timbrato molto questi Paesi soprattutto la divisione del territorio i cui confini furono tracciati con “il righello”, un disegno geometrico che a livello coloniale hanno fatto per suddividere l’Africa. Quindi in una stessa regione ci possono essere etnie diverse e il dire “ganese del Ghana” non significa gran che sen all’interno del Ghana ci sono diversi popoli. Quindi differenziando la zona del nord da quella del sud intendiamo riferirci al tipo di etnie. Questo può diventare il segnale di diversi comportamenti, di relazioni di diverse etnie. Quando ci relazioniamo con il Paese del nord o quello del sud, ci relazioniamo con due diverse etnie e a volte molto diverse l’una dall’altra.

L’esperienza immigratoria arricchisce?
Maggior consapevolezza e maggior volontà di diritti che non si possono dimenticare in un Paese straniero, è di chi ha già alle spalle esperienza che ha fatto capire loro come muoversi. Indipendentemente dalla preparazione culturale e dalla cultura di provenienza, nonostante ci sia una notevole differenza tra un immigrato analfabeta e un immigrato laureato, l’esperienza immigratoria sia che tu sia laureato, sia che tu sia analfabeta, è formativa.
Ci sono immigrati che hanno ancora le idee del loro Paese di quando sono partiti che è quello che hanno lasciato:lo rivivono con grande nostalgia anche se magari poco motivati perché quel tipo di idee non ci sono più. Quando ritornano al loro Paese d’Origine la pensano alla stesso modo di quando se ne sono andati  anche se non esiste più il Paese d’origine che loro hanno lasciato. Fanno fatica a Pensare che il loro Paese sia diventato ben altro rispetto a quello che loro hanno conservato gelosamente nella loro memoria. L’esperienza immigratoria è molto forte perché è un’esperienza o personale,  o di famiglia, o di gruppo.

Quale progetto immigratorio permette una migliore integrazione?
Il gruppo sicuramente aiuta il singolo che ha più difese, dal momento in cui anche lo stesso gruppo si integra. L’esperienza di gruppo induce i componenti a relazionare quasi esclusivamente con i componenti del gruppo nonostante abbiano il modo di farlo esternamente ad esempio attraverso il lavoro. Il satellite permette loro la visione dei programmi televisivi del loro Paese d’origine e ciò non favorisce certamente l’integrazione. Qualche anno fa, prima che la parabola si diffondesse, la televisione consentiva loro di imparare la lingua. Il tempo a disposizione è poco quindi si socializza solo con i propri connazionali perdendo la possibilità di conoscere altre persone. L’esperienza di gruppo rappresenta una scarsa possibilità di integrazione.

Nota queste differenze rispetto all’immigrazione?
Quando siamo nati come cooperativa nel 1993, noi volontari organizzavamo molte feste e la partecipazione era buona. La festa deve essere la traduzione di un lavoro quotidiano, il fatto è che sono molto estemporanee cioè si organizzano molti momenti di incontro ma una volta terminati non ci si rincontra più. Erano iniziati i corsi di alfabetizzazione per adulti che non erano ancora istituzionalizzati in quel periodo ma ancora gestiti da volontari. Oggi i corsi di alfabetizzazione della lingua italiana sono organizzati dallo Stato quindi ci sono le iscrizioni ad una vera e propria scuola di conseguenza il lavoro dei volontari in questo campo è venuto meno. Le occasioni di integrazione oggi sono anche diminuite in quanto sono nate delle associazioni che hanno permesso agli immigrati di crearsi delle autodifese. Dunque c’è maggiore organizzazione. Ad esempio a Gardone i pakistani hanno creato un centro islamico dove c’è un’ottima collaborazione tra l’area del Magreb e il Pakistan, infatti questo centro è molto frequentato. Tre anni fa la nostra cooperativa ha tentato di creare un comitato degli immigrati della Valle Trompia. Le etnie avevano espresso qualche preferenza riguardo ai nomi ma partecipavano a livello individuale e non collettivo. Il progetto fu nominato “banca degli spazi”. L’idea era quella di ricreare una banca dati in cui sarebbero stati inseriti spazi privati e pubblici messi a disposizione di tutti. Nella cosiddetta “banca degli spazi”avrebbero dovuto rientrare offerte che avrebbero soddisfatto determinate esigenze espresse da diverse persone. Questo progetto però non è decollato perché c’è stata una scarsa considerazione da parte dell’ente politico.

Ha l’impressione che la situazione  può non essere più controllata o controllabile o può non andare verso risvolti positivi?
Manca sul territorio la cosiddetta “società civile”, mancano coloro che si danno da fare con gli immigrati, insieme agli immigrati e che riflettono sulla situazione attuale. La maggioranza delle amministrazioni locali non ha un vero radicamento nel territorio anche se ci sono persone attente a questa problematica e organizzano, si muovono, di conseguenza non c’è incidenza sul territorio. Come cooperativa, la gestione della bottega di Gardone viene fatta da circa 20 persone, a Bovezzo da circa 60 persone. Ma quando si parla di solidarietà con gli immigrati c’è un crollo. Sono solidali rispetto al negozio equo e solidale ma non sono solidali rispetto al fenomeno immigratorio. E’ difficile lavorare con gli immigrati perché nella maggior parte dei casi ti relazioni con delle persone che hanno dei bisogni che devono essere soddisfatti. Pensano anche che un semplice incontro possa diventare un’occasione di guadagno non perché voglio abusare dell’aiuto, ma perché si trovano in una condizione in cui l’altro, l’occidentale, può essere un’opportunità di sopravvivenza. Eppure il fatto che una persona offra il proprio aiuto senza avere un tornaconto, li meraviglia. Non concepiscono la solidarietà totalmente disinteressata, è un valore che non c’è nella loro cultura. Concepiscono di più l’accoglienza e l’allargamento famigliare.

Una difficoltà comunicativa di questo tipo ritiene sia una cosa abbastanza tipica oppure dipende da altro?
Relazionarsi alla pari con gli immigrati non è facile perché c’è sempre la paura della richiesta che in alcuni casi non può essere accolta. Siamo ancora in una situazione di estrema precarietà in cui gli immigrati si trovano in condizioni di difficoltà vera. Anche il lavoro interinale rappresenta una problematica. Alcuni immigrati prima venivano assunti a tempo indeterminato successivamente a tempo determinato entrando così nella precarietà.

I comuni in che modo intervengono?
C’è una graduatoria dove si assegnano dei punteggi e ha la precedenza chi ha maggiore bisogno, chi ha più difficoltà. E’ da sfatare ciò che si dice riguardo alla predilezione del servizio sociale per gli immigrati, c’è molta considerazione nei loro confronti per la condizione di precarietà in cui si trovano. Il fenomeno immigratorio dovrebbe essere gestito a livello territoriale da un ente sovrazonale come la comunità montana, per quando riguarda l’aspetto politico perché il singolo comune entra in difficoltà sia per le risorse sia per le competenze. Il fenomeno immigratorio in Italia è sempre stato visto come un problema di ordine pubblico. L’immigrato non è da servire socialmente più di chiunque altro, accede al servizio sociale solo quando ha un’estrema esigenza. Tuttavia stanno meglio nella precarietà qui che nel loro Paese d’origine.

 

Associazione Karibu:
Intervista a Gianni:

Di cosa si occupa la vostra cooperativa?
La cooperativa karibu si occupa dei principali bisogni degli immigrati; operano al posto degli immigrati che non conoscono la lingua e avrebbero quindi problemi di comunicazione e con le pratiche.
Oggi la cooperativa karibu come ente autonomo non esiste più, però collabora con la cooperativa Mosaico, prima era la karibu a svolgere tutto il lavoro.
Gli sportelli sono nati in periodi diversi: il 31/10/2001 sono nati gli sportelli di Gardone V.T., Villa e Sarezzo; il 13/02/2002 è nato lo sportello di Nave e il 10/11/2003 sono nati gli sportelli di Lodrino e Lavone.           

In cosa il vostro lavoro?
Il nostro è un lavora burocratico in quanto dobbiamo registrare le moltissime pratiche che tutti gli anni archiviamo negli appositi faldoni classificandoli anno per anno ed anche in base al tipo di pratica svolta.
Infatti in appositi registri vengono riportati: paese di provenienza, nome e cognome, tipo di pratica svolta e l’attuale comune di residenza.
Le pratiche, oltre che per anno, nei registri sono registrate in ordine numerico.

Di quali pratiche vi occupate?
La maggior parte delle persone che si rivolgono a noi hanno bisogno d’aiuto per risolvere pratiche quali: rinnovo permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari, rinnovo del passaporto, carte di soggiorno (per averle devono essere attivi come lavoratori in Italia da almeno sei anni), certificato di nascita per i loro figli, pratiche per coloro che hanno perso o non hanno il lavoro o che vogliono avviare un’attività autonoma l’importante è che siano iscritti all’ufficio di collocamento.     
Ma si rivolgono a noi per avere anche abiti e mobili usati.
Le pratiche sono distribuite ai diretti interessati tre volte al mese, rispettivamente il 10, il 20 e il 30 di ogni mese.

Qual è il suo ruolo nella cooperativa?
Ho iniziato a lavorare alla karibu come volontario per fare un favore ad un amico.
All’inizio mi occupavo della raccolta di mobili e vestiti usati da dare ad immigrati che non lavoravano; mi occupavo anche di tenere la contabilità.  
Ora invece mi occupo di prendere appuntamenti telefonici per un consulto relativo al tipo di pratiche che devono fare.

Si rivolgono a voi più uomini o donne?
Senza dubbio, si rivolgono al nostro sportello più uomini che donne.
Questo perché molto spesso le donne hanno altro da fare in quanto sono a casa ad occuparsi dei figli e della casa e non hanno tempo di muoversi o anche perché dovendo venire gli uomini a fare le pratiche per loro richiedono anche quelle per mogli e figlie.

Chi stanzia i fondi per la Karibu?
I fondi stanziati per il nostro servizio non sono molti, in genere di questi stanziamenti si occupano i comuni che si prestano ad inviare fondi alla comunità montana che provvede a farli avere alla karibu.
Alcuni stanziamenti provengono anche dalle casse dello stato e della regione, anche se in quantità minore.


Incontro con l’Assistente Sociale:
Silvia Pedretti

Il 4 dicembre 2006 si è tenuto nella nostra classe l’incontro con la Signora Silvia Pedretti, l’assistente sociale del comune di Gardone V. T. La signora Pedretti ha iniziato il suo lavoro occupandosi del campo minorile, successivamente dei problemi legati alla tossicodipendenza e dal 1998 del campo famigliare. In questo ambito le problematiche sono in maggior numero legate agli immigrati, ma non è da escludere che vi siano problemi anche per coloro che sono da sempre residenti nel comune valtrumplino. I vari casi vengono trattati indifferentemente e senza alcuna discriminazione, prescinendo dall’etnia o dalla nazionalità, in quanto gli immigrati non sono una realtà a sé stante. Inizialmente, spiega la signora Pedretti, l’immigrazione interessava solamente gli individui di sesso maschile trasferitisi in Italia per cause lavorative, ospiti di parenti o connazionali. Con la possibilità del ricongiungimento famigliare i problemi sono però aumentati comportando una elevata quotidianità dei casi da trattare, tanto che nell’anno 2000 è sorto un nuovo servizio al fine di far fronte alle problematiche più diffuse, come quelle riguardanti i permessi di soggiorno, il ricongiungimento famigliare e le condizioni femminile e minorile. I principali problemi sono di carattere economico e sociale.
Per quanto riguarda i problemi di ordine economico vi sono quattro modalità di contributi verso le famiglie bisognose:
-          contributo economico continuativo: viene offerto quando in famiglia non vi è alcun reddito e non è presente quindi un individuo che sia in grado di provvedere al sostentamento della famiglia. In questo caso il minimo vitale è di 450€;
-          contributo straordinario: si offre un sostegno che sia adeguato al tipo di problema presentato;
-          contributo per le spese: con tale contributo si cerca di far fronte alle spese dell’affitto, del riscaldamento, dell’elettricità, dell’acqua o dei farmaci nel caso in cui queste spese varchino il reddito mensile;
-          contributo per cattiva gestione, in cui non vi è la capacità di gestire il denaro nonostante vi siano ingenti bisogni: si offrono buoni spesa per l’acquisto di cibo o dei prodotti di prima necessità come ad esempio i pannolini per i bambini.
Talvolta, per agevolare economicamente la famiglia, si cerca di rimediare ai problemi economici con una sorta di oblazione; ad esempio, spiega l’assistente sociale, se per un bambino la retta dell’asilo è normalmente di 150€, la stessa cifra viene estesa a due bambini la cui famiglia presenta problemi economici.
I fondi necessari alla risoluzione di tali problematiche provengono sia dal Comune che dalla Comunità Montana. Spesso si nota anche una forte solidarietà tra le comunità, specialmente quelle coese come quelle Pakistana e Tunisina.
Soprattutto in quest’ultima comunità, si presentano però anche problemi di ordine sociale; infatti l’apprendimento veloce della lingua italiana e del rapporto con gli autoctoni rendono la donna più libera ed emancipata, facendo scaturire conflitti coniugali a causa della gelosia del marito, che conseguentemente la maltratta, oppure si getta nella difficoltosa strada dell’alcoolismo o del gioco d’azzardo.
Tali situazioni di ordine sociale sono molto delicate ed è quindi molto importante la tutela dei più sensibili, come i minori e le donne. I casi di violenza infatti sono molto numerosi e degni di elevata attenzione, tanto che esistono leggi tutelanti la protezione della donna. Nel caso in cui la coppia immigrata abbia figli, allo scattare della denuncia vi è l’immediato allontanamento dei soggetti interessati dalla “fonte di disagio” ed un conseguente mantenimento; nel caso in cui i coniugi vivano da soli, non vi è un diretto intervento.
L’assistente sociale a questo punto narra la vicenda di una donna molto emancipata la quale aveva iniziato ad essere maltrattata dal marito, diffidente del suo modo di comportarsi troppo occidentale; l’assistente sociale ha aiutato questa donna a separarsi dal consorte, a trovare un lavoro ed un’adeguata sistemazione, sino ad una totale indipendenza.
Il continuo interessamento da parte dei servizi sociali verso le donne ed i minori fa sì che si creino contatti anche con il consultorio e con la scuola. In merito all’ultima istituzione citata, prosegue l’assistente, a Gardone V. T. vi sono molti progetti per l’integrazione dei figli nell’ambiente didattico, ma si preferisce un forzatura indiretta sull’immigrato al fine di collaborare a queste attività ed usufruire dei servizi offerti.
Spesso, nei colloqui con il cittadino immigrato, emergono molte diversità culturali. Per farci capire meglio, la Signora Pedretti ci spiega come ad esempio alcune volte l’immigrato sia molto legato alla tradizione del malocchio, credenza che a noi sembra superata ed è biasimata. In questi casi è difficile interagire con la persona; l’unica cosa da fare è mantenere comunque un comportamento rispettoso nei confronti dell’altro.

Il Consultorio di Sarezzo:
incontro con l’ostetrica Elena Rampini.

Elena Rampini, ostetrica del consultorio, ha lavorato dal 1982 fino al 1991 all’ospedale di Gardone in sala parto. Successivamente si è trasferita in consultorio e lavora nell’ambito del percorso nascita nella fisiologia, cioè per gravidanze che non presentano situazioni patologiche.

L’ostetrica Elena Rampini si occupa soprattutto di avere degli incontri con le donne incinte per controllare il proseguimento delle gravidanze secondo un protocollo.
Sono molte le donne straniere che si rivolgono al consultorio, primo perché sanno che la figura dell’ostetrica è una donna e anche per il marito è una sicurezza in più, e inoltre le donne straniere non hanno la preoccupazione di fare visite in continuazione.
Nelle situazioni di donne straniere si tende a non criticare ciò che in passato non hanno fatto per controllare la loro gravidanza, poiché il riprenderle può essere considerato come un’offesa e può creare una situazione disagevole per cui non si presenta più alle visite.
Quando l’ostetrica percepisce, senza strumenti particolari, che ci sono situazioni di problemi economici o altro, segnala il caso all’assistente sociale che verificherà se intervenire o meno.
Si nota innanzitutto, parlando di immigrazione, la distinzione tra donne pakistane e donne africane. Infatti le prime sono sempre accompagnate dal marito, per problemi di trasporto, di lingua e per la loro dipendenza dalla figura maschile.
Per aumentare la possibilità di accesso sono stati perciò regolati gli orari di questi incontri. Anche quando si presentano alle visite enfatizzano molto i loro problemi, tendono a farli emergere come  gravi, perché non hanno molti contatti nella società in cui si trovano a vivere e in queste occasioni cercano di farsi quasi compatire, e inoltre considerano la gravidanza come un fatto importantissimo.
Le donne senegalesi invece sono più aperte, si informano dei servizi disponibili e agli incontri partecipano con le amiche. Molte donne, soprattutto quelle appartenenti alle culture più chiuse, trovano rispetto a questi incontri un dissesto culturale, e in generale un disagio psicologico, poiché nel loro Paese d’origine hanno abiti larghi, danno molta importanza alla casa ed altre cose, e arrivando qui trovano il contrario: case poco accoglienti per i costi, modi di vita opposti, ecc... riguardo alle donne pakistane quando si presentano alle visite sono accompagnate dal marito che si trova pertanto a dover affrontare ambiti su cui loro non hanno conoscenze ed esperienze, anche perché nel loro Paese la donna ha molto potere in casa e nelle cose della famiglia, mentre qui è il marito che gestisce. Spesso quindi in ambito ginecologico è difficile fare domande intime perché i mariti non sono abituati a comunicare determinate questioni inerenti ad argomenti prettamente personali della donna.
Un grosso problema è quello linguistico, poiché parlare con una donna attraverso il marito è scomodo: spesso banalizzano, sintetizzano, riducono o comunque se hanno difficoltà a chiedere alcune cose, le escludono.
Le soluzioni a questo problema sono principalmente due: l’utilizzo della lingua inglese è comunque un modo per capirsi, ma ancora più efficace è l’intervento della mediatrice culturale, che ora però è stata tolta. Quando questa figura era presente, anche le donne che magari presentandosi col marito erano timide, poco loquaci, sembravano completamente diverse, poiché trovandosi di fronte ad una persona che parla la stessa loro lingua pongono continuamente domande, essendo questa figura l’unico punto su cui contare e a cui chiedere. Avevano inoltre organizzato degli incontri per le donne straniere presso la casa di una donna pakistana e ciò è stato molto positivo poiché le donne si sono aperte molto.
Negli ultimi anni sono aumentate molto le donne dell’est che si presentano al consultorio: hanno problemi con i permessi di soggiorno, con il lavoro.
Ultimamente l’utilizzo del consultorio si è diffuso molto soprattutto attraverso il passaparola: infatti si sono presentate persone con il nome dell’ostetrica scritto da un’amica o da conoscenti che trovandosi a proprio agio con le figure consultate, propongono anche agli altri questo appoggio. In altri casi però ci sono donne che non hanno riferimenti, non hanno amiche e non hanno figure su cui poggiare e quindi non sanno di poter rivolgersi al consultorio. Proprio in questi casi si verificano malattie relative alla gravidanza e legate a questo fenomeno di disagio, come la scialorrea, malattia diffusa negli anni passati ma che ormai è difficile che si presenti. Un fattore che ha influito positivamente sulle presenze nel consultorio è stato il fatto che le figure professionali presenti sono donne e ciò dà sicurezza sia alla donna che al marito.
Spesso si rivolgono al consultorio perché non riescono a rimanere gravide e i parenti che sono rimasti nel paese d’origine continuano a chiedere insistentemente il motivo. Proprio per questo si presentano per verifiche di dubbi di infertilità, anche solo dopo 3 mesi.
Per quanto riguarda gli aborti, le famiglie straniere non ricorrono mai a questo tipo di intervento tranne in casi di circostanza critica poiché per loro i figli sono molto importanti.
Sicuramente le donne straniere hanno più figli rispetto a quelle italiane, anche perché per loro la maternità è una cosa sacra. L’ostetrica ci ha parlato ad esempio di una famiglia senegalese che dopo tre figlie voleva, soprattutto la donna, un figlio maschio, ma questo è un comportamento tipico della famiglia straniera, poiché in caso di morte del marito, la famiglia e i suoi beni “passano” al fratello, mentre avendo un figlio maschio, si può fare riferimento su di lui.
È determinante per le figure professionali conoscere la provenienza della paziente e delle famiglia perché bisogna adottare comportamenti differenti: ad esempio con le donne pakistane, che parlano meno, l’ostetrica tende a fare più visite e controlli, mentre la donna africana spiega ciò che sente, ciò che richiede l’ostetrica e quindi non ha bisogno di più controlli.
Il consultorio è perciò ideale per gli stranieri, in quanto lì possono ricevere un’adeguata consulenza e assistenza, in modo da tener conto delle loro difficoltà.
Per il momento non esistono interventi specifici per le donne straniere, come corsi di preparazione al parto o post-parto, poiché bisognerebbe organizzarli in base alle esigenze d’orario, in base alla provenienza, il che è difficile.




















BERETTA:
incontro col dott. Pier Battista Maggi, direttore delle risorse umane della Beretta.

Lunedì 20 novembre 2006 abbiamo avuto un incontro con il direttore delle risorse umane della Beretta, dott. Pier Battista Maggi, che ci ha presentato l’industria di Gardone V.T. come un’azienda complessa, che esige professionalità, con competenze tecniche sofisticate, e, pertanto, non sempre sono facilmente reperibili candidati idonei sul mercato.

Struttura del Personale:

L’azienda distingue quattro livelli base del personale impiegato riguardanti gli operai, il quinto è l’ultimo in quanto dal sesto (primo dei livelli alti) in poi  è possibile assumere il ruolo di impiegato.
L’età media  dei lavoratori è 41 anni e nell’anno 2006 nelle uscite si evidenzia un basso turn over, in particolare riguardante coloro che vanno in pensione.
I dipendenti della fabbrica d’armi sono 961, con 14 dirigenti, 235 impiegati, 712 operai ed equiparati, gli internali sono 17, I laureati sono 46, i diplomati 331, 154 le donne e 808 gli uomini. Quasi mille addetti, quindi, tra il sito principale e “Beretta due”.
Dal 2000 sino ad oggi si è verificato un forte incremento di assunzioni e nel solo 2001 è stato registrato un picco di 189 assunti.
Il 2006 per le assunzioni è stato un anno d’assestamento con pochi inserimenti, dopo anni come il 2001 e i successivi con circa 60 unità per anno; gli stranieri ammessi sono stati solo 4 o 5.

Personale Extracomunitario:

Attraverso questo nostro incontro, che prevede come oggetto di ricerca notizie riguardanti i cittadini stranieri presenti nell’azienda, si è evinto che nel 2006 in Beretta sono presenti 24 immigrati.
La percentuale riguardante gli extracomunitari risulta bassa per questioni di professionalità: per essere assunto alla Beretta, una persona straniera deve possedere capacità di relazione, deve conoscere la lingua italiana, saper leggere ed inoltre deve avere una minima preparazione nella gestione della macchina.
Infatti i 24 presenti lavorano quasi tutti sulle macchine di montaggio semplici e solamente tre lavorano sui fucili.
Tra questi ci sono tre donne che lavorano sulle macchine utensili e di montaggio.
Da questo si denota che nessun immigrato ha per ora raggiunto i livelli più alti della graduatoria del personale, non perché l’azienda operi delle discriminazioni, ma perché i livelli di preparazione non sono ancora adeguati.
Deve essere evidenziato il caso particolare del ruolo di impiegata occupato da una ragazza turca che vive in Italia, in quanto in Turchia sono presenti dei distaccamenti dell’azienda.

Integrazione e relazioni interne:
Tutti gli stranieri rispettano le regole prestabilite e non hanno mai avuto problemi, né tra loro, né con i colleghi italiani.
Risulta comunque evidente la differenza con gli operai bresciani, rimarcata dal distacco assunto da entrambi nelle ore extra-lavorative, anche se naturalmente sul lavoro  non mancano forme di dialogo tra colleghi .
L’azienda finanzia attività come il Cral, che è gestito dal personale: gite sciistiche, crociere e soggiorni in Sardegna, appartamenti a Val Verde, tornei di tennis, tiro al volo, tornei di bocce e altre attività sociali.
Gli stranieri a queste attività sociali non partecipano, probabilmente per problemi economici, in quanto, anche se hanno un lavoro, faticano a sfamare le numerose famiglie; ma forse anche per problemi culturali, poiché nella loro terra di origine tutto questo non viene praticato e quindi lo ignorano: sentono queste attività come se fossero estranee.


















Incontro con il sindacato (cgil):
incontro con Kahlil

Il giorno 29 Marzo 2007, nella sede della Cgil di Gardone V.T. , si è tenuto l’incontro con Kahlil, responsabile dello sportello immigrazione del sindacato.
Il discorso si è sviluppato sulla questione del permesso di soggiorno, che non si fa più direttamente alla questura, ma compilando un kit che si invia per posta con una quota obbligatoria di 80 euro; il permesso deve essere rinnovato ogni 6 mesi in caso di perdita di lavoro, annualmente se invece si ha un lavoro. Questo può essere fatto o tramite la posta (e l’aiuto di Kahlil) o tramite internet, che si è rivelato un mezzo più celere. Il sindacato svolge un spesso queste funzioni di aiuto in modo assolutamente gratuito. Ora anche alcuni comuni si sono attrezzati per poter svolgere le medesime funzioni.
Tra sindacato e immigrato esiste un rapporto molto stretto, soprattutto in campo lavorativo: infatti il sindacato si preoccupa di tenere informati i suoi assistiti degli eventuali cambiamenti delle leggi, o delle novità che vengono introdotte, che potrebbero apportare un vantaggio. A volte il sindacato comunica o agisce direttamente con il datore di lavoro della persona interessata.
E’ un lavoro completo di informazione generale, che può aiutarti in qualsiasi ambito, da quello lavorativo, a quello legale, a quello familiare (ricongiungimento familiare).
E’ importante ricordare che il sindacato di Gardone V.T in qualunque caso fa riferimento alla sede di Brescia, anche per avere informazioni in più.
Per il rinnovo del permesso di soggiorno, prima era sufficiente che il datore di lavoro ti assumeva anche dopo 2-3 mesi; mentre ora un mese prima dalla scadenza il datore di lavoro deve assumerti, altrimenti il permesso scade. Tra permesso di soggiorno e contratto lavorativo esiste uno stretto legame: senza uno non può esistere l’altro. Se una persona perde il lavoro, non ha diritto a niente, nemmeno al permesso di soggiorno. Infatti vengono dati 6 mesi entro i quali potersi cercare un lavoro e così riavere il permesso di soggiorno; se così non fosse la persona interessata diventa automaticamente clandestina.
La disperazione però può spingere anche a trovare delle scorciatoie; proprio per non diventare clandestini, alcuni pagano a degli amici contratti di lavoro inesistenti, così da poter rinnovare il permesso di soggiorno. La questura talvolta controlla la veridicità dell’esistenza di alcune fabbriche o alcuni posti di lavoro, e se questi non esistono, viene tolto il permesso.
La situazione che si è venuta a creare, non esisteva prima, anche perché in precedenza il lavoro disponibile era maggiore. O meglio, è cambiato il modo in cui si propone il lavoro; è molto diffuso il lavoro delle cooperative (lavoro interinale), per il quale la persona interessata viene assunta da alcune cooperative che fungono da intermediarie tra la forza lavoro e le grandi fabbriche. Durante questo periodo di assunzione, non è possibile reclamare malattie, liquidazioni o pagamenti di straordinari. Tutte le decisioni vengono prese dalla fabbrica stessa, come la decisione di assumere o meno alcuni operai.
I sindacati per poter aiutare le persone in difficoltà, “ricattano in positivo” le fabbriche, nel senso che se accade un incidente sul lavoro o un qualsiasi evento perseguibile penalmente, queste richiedono l’assunzione di un numero di persone senza ricorrere a vie legali per l’incidente avvenuto.
Le condizioni lavorative tra immigrato e italiano tendono ad essere sullo stesso piano, anche se talvolta i lavori più pesanti vengono assegnati agli stranieri, e le condizioni imposte dal datore di lavoro vengono accettate molto di più; nel senso che, non essendo a conoscenza dei propri diritti, gli stranieri non si ribellano e accettano passivamente le condizioni imposte (forma di discriminazione). I sindacati servono proprio a tutelare i diritti dei lavoratori.
Altre forme di discriminazione, si possono riscontrare sia per i lavoratori assicurati sia per quelli clandestini; infatti molte volte i datori di lavoro sfruttano la paura che gli immigrati hanno che non si rinnovi loro il permesso di soggiorno per poterli sfruttare. Talvolta le malattie gli straordinari non vengono retribuiti.
Si comincia a riscontrare una forma di malcontento da parte della popolazione straniera per le condizioni pesanti nelle quali si trovano a vivere.
















Incontro con il sindaco di Gardone V.T :
Michele Gussago

Come viene inquadrata l’immigrazione nella programma comunale di Gardone V/T?
Non si parla specificamente di immigrazione nel programma comunale perché il Comune di Gardone non vuole vivere il fenomeno come un problema sia come approccio culturale sia come approccio pratico. Per questo motivo si è deciso di vedere l’immigrazione trasversalmente in tutti i settori dell’attività comunale.

Perché questo tipo di scelta?
Attraverso l’esperienza si è capito che ostacolare l’immigrazione o accettarla solo nella misura in cui non crea problemi, sono atteggiamenti che non portano a risultati positivi. L’immigrazione è di fondamentale importanza per l’economia italiana poiché  è strettamente collegata alla richiesta di lavoro. Si possono stabilire tre flussi principali d’emigrazione che si sono inseriti in determinati settori del mondo del lavoro:
-      Il primo flusso riguarda l’agricoltura: gli indiani sic immigrati trovarono occupazione nelle stalle del bresciano;
-      Il secondo flusso riguarda uomini del Pakistan e del Senegal che dal 85 sono andati a sostituire la manodopera italiana in acciaierie, fonderie e rubinetterie.
-      Il terzo flusso riguarda il settore dei servizi: soprattutto donne, in particolar modo rumene, impiegate come badanti, cameriere, donne delle pulizie.
In Italia molti immigrati stanno oggi sostanzialmente occupando posti lavorativi abbandonati in gran parte dagli autoctoni poiché faticosi, poiché mal retribuiti o poiché umilianti o poco soddisfacenti. Si capisce quindi che se si applicasse il modello della “tolleranza zero” e  se si “liberasse” per così dire l’Italia da tutti gli immigrati, l’economia lavorativa crollerebbe e molti servizi, come quello delle badanti, non verrebbero più garantiti.
Accettare l’immigrazione solo nella misura in cui non crea problemi è un ulteriore modello che non ha avuto successo, come hanno dimostrato i recenti fatti di cronaca avvenuti nel bresciano (per esempio l’omicidio di Hina). Non appena infatti si verificano episodi di devianza o di criminalità ad opera di immigrati, l’accoglienza degli autoctoni si trasforma in ostilità e al contempo si capisce che l’immigrazione non può essere ignorata e non si può vivere su due mondi paralleli.



Come deve essere favorita l’integrazione?
Le vie dell’integrazione devono essere cercate all’interno della vita quotidiana: scuola, associazioni, gruppo degli amici. Innanzitutto è necessario lavorare molto con la scuola che è il principale strumento di integrazione, in quanto essa è obbligatoria per tutti. Un  modo per risolvere i conflitti e favorire l’integrazione è sicuramente il dialogo che  può avvenire solo grazie alla conoscenza della lingua; per questo motivo sono stati promossi diversi corsi di alfabetizzazione sia per i bambini che per i genitori. Inoltre è importante anche creare e favorire occasioni di confronto pubblico, per esempio attraverso associazioni sportive. 
L’immigrazione è una possibilità di ricchezza per una nazione, per cui non deve essere vissuta solo come fonte di problemi; inoltre va ricordato che la nostra cultura nazionale, e nello specifico quella del territorio di Gardone, è una cultura di accoglienza e di esperienza emigratoria. Le peculiarità di una persona che appartiene ad una cultura diversa non devono essere né trascurate né considerate come elementi negativi di differenziazione.

Come è possibile realizzare concretamente ciò?
Innanzitutto le regole che gestiscono i servizi del comune devono essere uguali per tutte le categorie sociali. Se si attuassero delle differenze nel regolamento, si incorrerebbe nel rischio di violare i principi della stessa costituzione che proclama l’uguaglianza di tutti i cittadini. Se una regola è chiare, uguale per tutti e fatta rispettare da tutti, viene condivisa di più di tante regole diverse, differenziate a seconda dei casi e delle condizioni individuali.
I requisiti per avere agevolazioni per la mensa scolastica sono gli stessi per tutti, non variano in base alla provenienza o alla religione. Un ulteriore esempio è che chiunque vada a ritirare i figli all’asilo deve essere riconosciuto e mostrare il viso per motivi di sicurezza, quindi se una donna si presenta con il chador deve farsi riconoscere togliendoselo, altrimenti non si può essere sicuri sulla sua identità.

Quali sono i parametri per ottenere delle agevolazioni?
Reddito famigliare, residenza e numero di componenti della famiglia.

E’ vero lo stereotipo che vede i servizi sociali tutti a favore degli immigrati?
A Gardone gli adulti stranieri rispetto alla popolazione gardonese sono l’11%, i bambini sono il 30%. L’incidenza degli aiuti dati ai bambini delle famiglie immigrate è proporzionale al loro numero. La situazione degli immigrati, in generale, è sicuramente peggiore di quella degli italiani, in quanto molte famiglie si trovano in situazioni di degrado e spesso non riescono a garantirsi il minimo indispensabile per vivere. Molte famiglie immigrate accettano di vivere in case malandate e  in scarse condizioni igieniche, inoltre hanno più figli, le donne non lavorano e quindi un solo reddito deve essere diviso per tutta la famiglia. E’ ovvio quindi che esse vengano prima nella graduatoria rispetto alle famiglie italiane, anche a parità di reddito. Questo non significa che tutti gli interventi vengono fatti a favore degli immigrati: lo stereotipo secondo cui i servizi sociali sono tutti in favore di un'unica categoria sociale, gli immigrati, è falso. Infatti la parte più consistente del bilancio comunale relativo ai servizi sociale viene investito a favore degli anziani italiani dato che in questo punto, essendo pochi, gli immigrati non hanno incidenza.

Avete mai avuto delle richieste particolari?
In passato c’è stata la richiesta di avere un cimitero diverso da quello esistente, ciò però non è stato permesso, perché il cimitero, pur avendo simboli cristiani, appartiene al comune di Gardone, è il cimitero di tutti i cittadini che sono nati qui nel tempo, ed è anche di coloro che sono atei o di religione diversa da quella cristiana.
Il cimitero è un luogo pubblico e se uno di religione diversa vuole mettere sulla lapide un altro simbolo lo può mettere, è libero di farlo.
Per quanto riguarda i luoghi di culto invece è diverso. A Gardone vi sono due chiese  cattoliche, un luogo di incontro per i testimoni di Geova, ed esiste anche un luogo di preghiera per i musulmani. In termini generali, quindi, ad un cittadino gardonese non è vietato professare la propria religione: se un cittadino musulmano compra una casa e chiede di avere la possibilità di utilizzarla come luogo di culto, non glielo si può negare, a patto che abbia tutti gli standard igienico- sanitari.

In che modo il comune entra in relazioni con il territorio e i suoi enti?
Principalmente attraverso la comunità montana, un istituzione molto importante dal punto di vista politico poiché permette ai vari comuni di entrare in relazione fra loro e dialogare, discutere sui vari problemi pratici comuni al territorio e di portare le proprie esperienze positive riguardo il fenomeno immigratorio. Constata l’importanza della conoscenza della lingua come strumento di dialogo e di integrazione, la Comunità montana ha reso possibile un corso di alfabetizzazione per le donne immigrate che hanno anche la possibilità di lasciare i propri bambini in custodia all’associazione Karibu. La comunità montana  ha quindi creato una rete di servizi che permette di coinvolgere le associazioni come la Karibu, trovando soluzioni che siano utili per tutti.



Come vengono finanziati i progetti del Comune?
La Comunità Montana riceve i contributi dal comune per finanziare i servizi sovracomunali e allo stesso tempo alcuni servizi del Comune vengono finanziati dalla Comunità.

Come valuta il fatto che nelle varie comunità sono stati nominati dei rappresentanti?
Se una comunità nomina un rappresentante significa che vuole parlare con gli altri, e partecipare alla vita della città di Gardone. Quindi se le comunità nomina dei rappresentanti è assolutamente un fattore positivo.























Relazione prof. Pasinelli

La professoressa Pasinelli si occupa dell’integrazione e dell’intercultura all’istituto Beretta (in particolare all’ipsia)che consente agli immigrati di integrarsi con la nostra cultura.
Una delle funzioni del progetto è quella di far recuperare la licenza di terza media agli studenti che non l’hanno fatta e che altrimenti non sarebbero ammessi all’esame di maturità.
Ci sono vari metodi per integrare gli immigrati: quello della multiculturalità, quello dell’assimilazione e quello dell’intercultura.
Olanda e Inghilterra si sono approcciate alla multicultura per garantire la protezione delle diverse culture; questo progetto non ha pero’ funzionato. In Francia invece si è tentato l’approccio assimilazionista che indica una predominanza della cultura francese che gli immigrati devono assimilare.
Il progetto migliore per l’integrazione degli immigrati è l’intercultura, tipica dell’Italia, che favorisce la comunicazione tra culture diverse.
Gli obbiettivi principali di questo progetto sono:
-          Fornire gli strumenti linguistici di base per comprendere la lingua.
-          Per le scuole con indirizzo scientifico è fondamentale fornire anche gli strumenti scientifici per permettergli di raggiungere il diploma.
-          Stimolare il lavoro di gruppo all’interno del corpo docenti.
-          Coordinare il lavoro con i Centri Territoriali Permanenti (CTP) che si occupano di stranieri.                                    
Il progetto di intercultura è in stretta collaborazione con i commissari degli enti sparsi sul territorio e collabora anche con la signora Coccoli.
È importante istruire anche i genitori che, altrimenti, non possono aiutare i figli a scuola e non possono integrarsi con il resto della popolazione. Le donne però molte volte saltano i corsi perché non sanno a chi affidare i loro bambini. Per risolvere il problema ad una bidella della scuola è stato affidati il compito di controllare i bambini intanto che le madri sono a lezione di italiano.
Il problema riguardante l’integrazione è maggiormente sentito all’ipsia dove è anche maggiore il numero di studenti stranieri.
I docenti sono spinti a preoccuparsi e ad occuparsi degli studenti stranieri che se non conoscono l’italiano o non riescono ad integrarsi costituiscono un problema, o situazioni di disagio, all’interno della classe molto spesso dovuto al loro non sentirsi accettati dai compagni.
Frequentemente capita di vedere degli studenti immigrati isolati che tendono a non parlare con il resto dei compagni, situazioni di questo tipo sono molto spiacevoli da vedere per un professore.
I docenti sono stimolati anche ad avere un interesse personale verso gli stranieri extracomunitari.
Questo interesse deve essere politico e sociale per limitare i problemi di tipo raziale; anche se il problema principale è di tipo sensibile ed è l’interesse e l’attenzione per l’altro.
I problemi si pongono soprattutto con quei ragazzi che arrivano in Italia e devono frequentare le scuole superiori perché, per poter possedere le basi dell’italiano, ci vuole un anno intero di scuola, mentre per potere padroneggiare bene la nostra lingua, ci vogliono circa cinque anni e questo è un problema per gli studenti stranieri che si iscrivono a scuole, come l’ipsia, perché, dopo tre anni hanno gli esami e faranno sicuramente fatica ad affrontarli.
. Gli stranieri devono essere iscritti alle classi che dovrebbero affrontare se fossero nel loro Paese; tranne in casi in cui un ragazzo appena arrivato non parli una parola di italiano, in questo particolare caso viene iscritto per esempio, sempre all’istituto superiore ma in prima.
È importante che gli studenti stranieri imparino la lingua, ma è importante anche la lingua degli affetti come è dimostrato da studi, poiché permette di sviluppare elementi logici che possono aiutare il figlio a imparare la lingua italiana; alle madri, infatti, è consigliato di continuare a parlare la loro lingua d’origine a casa.
È inoltre importante arricchire la biblioteca della scuola con testi semplificati che permettono agli studenti di comprendere meglio la nostra lingua.
Durante i primi tre anni le verifiche sono semplificate in modo da permettergli di padroneggiare la lingua e di essere in grado in terza di affrontare lo stesso esame degli altri.
La nostra scuola ha attivato un percorso di pronto soccorso linguistico tramite libri di testo appropriati.
L’importante è trovare il tempo e il luogo adatto per poter insegnare l’italiano agli stranieri perché è importante che non si occupino, per questo studio extra dell’italiano, le ore delle materie ritenute poco importanti, quali ad esempio l’educazione fisica perché può essere utile per l’alunno integrarsi e guadagnare la stima dei compagni anche se, magari, solo perché sono particolarmente dotati per un particolare esercizio ginnico.









Incontro con Don Marco

Presentazione: Don Marco è presente da circa tre anni in qualità di parroco, nella comunità di Gardone V.T. , e si è trovato a contatto con la realtà dell’immigrazione nel campo religioso.
Ambito religioso: Si sono venuti a creare due differenti gruppi: da una parte abbiamo extracomunitari cattolici che si inoltrano nel mondo cattolico occidentale, ricevendo il sacramento del battesimo, facendo parte di istituzioni quali il catechismo o, più semplicemente, entrando a far parte del gruppo di parrocchiani; dall’altra abbiamo coloro che non professano questa religione o che non si interessano dell’integrazione con la parrocchia.Per quanto riguarda i battesimi e le conversioni attuate con questo sacramento, possiamo riscontrare che diverse etnie si approcciano alla dottrina cristiana, come per esempio quella moldava (una ragazza di 30 anni), quella dei burkinabè (una ragazza di 16 anni), albanese (7 ragazzi), e quella definita genericamente africana (un bambino). Nell’ambito religioso, incontriamo nuovamente due bivi: le donne per la maggior parte badanti che accompagnano le loro signore a messa (quindi entrano in contatto con la chiesa), pur non convertendosi alla nostra confessione e mantenendo la loro religione, frequentando altre strutture come la moschea o la sala del regno. Notiamo infatti che le persone che vanno in chiesa sono davvero poche, solo uno scarso 10%. In ultima analisi possiamo dire che il numero di matrimoni misti è pari a zero, ed è l’ennesima conferma del fatto che non esiste un’elevata disposizione all’approccio con altre culture.
Ambito religioso in relazione all’integrazione: Oltre all’approccio con la comunità cristiana in quanto tale, possiamo trovare numerose presenze in altri ambiti, come per esempio l’oratorio e la gestione delle attività a esso legate. Infatti molti giovani si ritrovano a praticare attività ricreative e ludiche usufruendo di alcune strutture dell’oratorio, quali i vari campi per lo sport. In questi casi, secondo la testimonianza del curato Don Marco, i giovani extracomunitari, sfruttano le risorse e si impegnano a rispettare le clausole di pagamento, ma non interagiscono e non creano contatti al di fuori del proprio gruppo (maggiormente pakistani e ghanesi). Per quanto riguarda le attività organizzate dalla parrocchia nel periodo estivo (grest) e non, riscontriamo una adeguata partecipazione, ma uno scarso contributo all’organizzazione. Un esempio, nel quale c’è stata una buona partecipazione, è stato lo scorso anno, nell’occasione di una festa interculturale che comprendeva l’incontro di diverse etnie e delle relative culture (lettura di poesie, preparazione di cibi tipici ecc). Ora come ora non sono in atto particolari progetti per favorire l’integrazione, tranne che un incontro pomeridiano per i più giovani (ragazzi delle scuole elementari), che possono ritrovarsi in oratorio per svolgere i compiti, ma anche qui troviamo ben poche adesioni da parte del mondo straniero (solo 2 persone). Sempre per quanto riguarda la scuola, abbiamo dei dati che indicano il fatto che alcuni ragazzi non partecipano alle lezioni di i.r.c e partecipano invece alla scuola coranica.
Incontro con i Mediatori Culturali
Argomenti Proposti
La famiglia
-  Struttura familiare e ruoli (anche in emigrazione)
-  Rapporti genitori figli (soprattutto in emigrazione)
-  Sistema educativo (confronto)

Condizione femminile
-  Ruolo della donna
-  Cambiamenti in emigrazione

Integrazione.
-  Che cosa significa
-  Qual è l’impatto con la cultura d’accoglienza
-  Quali elementi culturali d’origine vanno conservati e quali modificati con esempi
-  Aspetti religiosi

Pregiudizio e discriminazione
-  Verso gli immigrati
-  Verso gli italiani
-  Tra immigrati
-              Di quale natura (religione, colore della pelle ecc.) 

Mediatori Culturali
-    Kautar viene dal Marocco e ha 22 anni ed è studentessa all’Università di Brescia. E’ in Italia da circa un anno e tre mesi ed è sposata con un italiano.
-    Sofia viene dal Pakistan e ha 20 anni. E’ in Italia da quasi otto anni e fa la mediatrice con i bambini a Villa Carcina.
-    Bara viene dal Senegal e ha 29 anni. E’ in Italia da circa due anni e mezzo. Non lavora ma è ancora studente di giurisprudenza in Francia.
-    Mirkina viene dall’Albania. E’ in Italia da 7 anni, è sposata e ha due bambini. Lavora in fabbrica.
-    Fatma viene dal Buorkina Fasu e ha 34 anni. E’ in Italia dal 1994, è sposata e ha tre figli. Lavora all’ospedale di Gardone come aiuto cuoca.
-    Mariam viene dal Bourkina

La famiglia e la condizione femminile

§    Sofia: “Vivo con la mia famiglia, ho due fratelli e una sorella. E’ difficile vivere qui in Italia perché i miei genitori hanno una visione un po’ diversa anche se non è così radicale come quella pakistana. Rispetto alle famiglie pakistane si fidano di me e mi lasciano più libera, vogliono che io impari la lingua. Spesso però capita che si creino dei problemi come ad esempio recentemente, avevo trovato un lavoro, ma i miei genitori non erano d’accordo perché sono una donna, e alle donne nel nostro paese sono permessi solo alcuni lavori. Ma perlomeno un passo in avanti è stato fatto. Le ragazze nel nostro paese sono libere di andare in città ma fino a quando non si sposano sono sotto la protezione e le decisioni della famiglia. La moglie è sostanzialmente sotto l’autorità del marito. I matrimoni sono ancora combinati,però, se il marito decide di sposare un’altra donna deve prima chiedere il permesso alla prima moglie e alla sua famiglia. Se accettano poi lui vivrà con tutte e due. Se invece non accettano di vivere insieme, le mogli vivono in case separate. Da noi quando ci si sposa si va a vivere con la cognata ma questo non è sempre obbligatorio. Anche vivendo in Italia l’uomo non cambia sostanzialmente il suo ruolo, è libero di lavorare e fare quello che vuole. Anche la donna, però, non cambia il suo ruolo, rimane sempre sotto l’autorità prima della famiglia e poi del marito. La donna non è obbligata a tenere il velo, è a sua discrezione decidere se usarlo o no. E’ obbligata a tenerlo soprattutto in casa e in casa di un’altra famiglia di pakistani. ”
§    Kaoutar:  “ La struttura della famiglia marocchina è molto simile a quella italiana. L’uomo ha il ruolo di lavorare di più della donna e di portare a casa i soldi. Anche la donna però ha il totale diritto di lavorare, se vuole, ma è una cosa che si chiarisce prima del matrimonio. Anche le campagne stanno assumendo modelli culturali diversi. La poligamia è consentita ma ci sono pochi che la esercitano.Il divorzio è contemplato. Prima era l’uomo ad avere il ruolo più importante, oggi il ruolo della donna è stato rivalutato e assume sempre più importanza. Perciò l’impatto con la cultura occidentale non è stato così sconvolgente. La donna decide se mettere o no il velo, oggi in Marocco il 90% non lo porta più, ed è anche questa una cosa di cui si discute prima del matrimonio. Ci sono anche mariti che obbligano la donna a togliere il velo perché la vogliono occidentalizzata.Una cosa ci manca: il dialogo tra padre e figlio. Adesso sta migliorando ma tanti credono ancora che i figli non cerchino appoggio nei genitori se hanno dei problemi.”
§    Fatma: “ Nel mio paese è l’uomo che fa il capofamiglia. Le donne della campagna fanno quasi tutto e il marito detta le regole. La poligamia è concepita, un uomo arriva anche ad avere quattro o cinque mogli. La mamma si occupa dei figli mentre il papà prende le decisioni e dà le direttive. I matrimoni sono combinati l’unica soluzione se la moglie non vuole sposare il marito che le viene destinato, è scappare. Le leggi sono quelle del capo-villaggio e tu non ti puoi rifiutare la legge del clan perché non lo hanno fatto neanche i tuoi avi, se lo fai non sei degno di appartenere alla tua famiglia. La città, invece, è molto simile alla società italiana.”
§    Bara: “Prima c’era la colonizzazione dei francesi, e chi aveva subito questa colonizzazione cercava di fare tutto contro il modello francese. Gli anziani non concepivano la famiglia come formata da moglie, marito e figli, la famiglia era allargata e comprendeva anche i nipoti, i nonni, gli zii ecc. Il padre è colui che lavora ed è l’unico della famiglia che lavora per tutti. Assume il ruolo di tutti, si occupa dei figli e della casa fino a quando il figlio cresce è diventa lui quello che lavora per tutti. Ogni figlio ha lo scopo di riuscire ad aiutare la famiglia. Il comando è affidato a colui che porta a casa i soldi. La donna può lavorare e se lo fa ha più voce in capitolo all’interno dello famiglia, ma è sempre orgogliosa di seguire e ascoltare il marito. E’ una vergogna per la donna non ascoltare il marito. In emigrazione cercano sempre di seguire il loro modello perché sono orgogliosi della propria cultura. La donna non è obbligata a sposare l’uomo che le viene destinato, ma pur essendo questa una legge non viene ascoltata perché si rischia di perdere la propria famiglia, che è sempre ritenuta una cosa sacra.”
§    Mirkina: “La famiglia albanese è simile a quella italiana. Non c’è differenza tra uomo e donna, prendono insieme le decisioni sulla famiglia e i figli. Ci sono alcune province che invece mantengono le vecchie tradizioni e in quelle società ad esempio esiste ancora il matrimonio combinato.Durante il regime comunista era leggermente diverso, la donna aveva sempre diritti ma esistevano i matrimoni combinati. L’impatto con il sistema educativo e famigliare non è stato così difficile.”
L’integrazione
§    Sofia: “L’Italia rispetto ad altri paesi come L’Inghilterra è ancora un po’ chiusa rispetto ad altre etnie. L’impatto forte non è stato con gli italiani, ma con i miei con i miei concittadini che vivono in Italia e che non accettano il mio stile di vita occidentalizzato. Secondo me in Italia i genitori dovrebbero però lasciare più liberta alle donne senza voler a tutti i costi mantenere i comportamenti tipici del nostro paese d’origine.
§    Kaoutar:  “Per me non è giusto eliminare una cosa dalla nostra cultura, ma bisognerebbe adeguarla alla cultura del paese in cui emigriamo. Perché ci sono cose della cultura che bisogna conservare e farle conoscere anche agli altri.Ad esempio il rispetto per i genitori e per gli anziani che per noi è importantissimo ma qua spesso si dimentica. Dalla nostra parte deve esserci però l’impegno di adeguarsi a certi comportamenti che da noi non sono condivisi mentre qua sì. La televisione mostra solo le cose negative di noi, invece di presentare in realtà come è il popolo. Questo fa rabbia perché anche se vorresti provare il contrario, dall’altra parte la gente non è disponibile ad ascoltarti. Sbagliano ad attribuire tutto alla religione, trovano una giustificazione alle loro azioni solo perché sono musulmani.”
§    Fatma: “Anche io condivido che il rispetto sia molto importante. Non rinuncio alla cucina del mio paese. I miei figli hanno molta difficoltà a integrarsi con i figli, frequentano gruppi di persone che condividono la loro esperienza di immigrazione, pur essendo caratterialmente aperti. Io mi sento un pochino integrata perché da parte mia c’è tutta la voglia di integrarsi e di accettare anche loro, è da parte degli italiani che trovo una mancanza di conoscermi e di accettare la mia cultura.Vorrei che i loro occhi non trasmettessero solo il fastidio che gli dai ad essere qui.Percepiamo che gli italiani non hanno proprio l’interesse di instaurare relazioni con noi.”
§    Bara: “Secondo me c’è una differenza di interpretazione della parola immigrazione: ad esempio per un italiano un immigrato è integrato se abbandona la sua cultura e ti conformi ai comportamenti italiani. Ma se è questa l’integrazione nessuno vuole integrarsi. Secondo me integrazione è viver bene insieme, rispettando ognuno la cultura dell’altro, cercando di modificare la mia cultura in base alla quella dell’altro, quello che giudico bene lo copio e quello che giudico male non lo copia, partecipando anche attivamente alla loro vita. Nel mio paese nessuno straniero, fa la sua vita come se fosse a casa sua.Quello che mi piace di più della mia cultura e che vorrei conservare è il dialogo tra religioni, in Senegal il 37% sono musulmani e il 10% sono cristiani, eppure l’87% dei senegalesi ha votato per un presidente cristiano, questo vuol dire che il dialogo tra religioni può esistere.Ognuno deve piantare le sue radici e poi cercare di aprirsi e certi paesi non te lo permettono. Secondo me il problema è l’orgoglio europeo, pensano di essere il centro del mondo. ”
§    Mirkina: “Per me integrazione è rispettare le leggi del paese in cui emigri. Perché se pensi di rispettare le leggi del tuo paese in un altro paese questo è inconciliabile. La cultura è un’altra cosa. Puoi continuare a mantenere la tua cultura nella tua casa e nella tua comunità.”
Pregiudizio e discriminazione
Da quello che ci deriva dal dibattito con i mediatori culturali sui pregiudizi e sulla discriminazione abbiamo capito che i pregiudizi ci possono anche aiutare ma dobbiamo tener conto uno stereotipo può cambiare. E’ l’etnocentrismo che mi porta a dire quello che faccio io è giusto e quello che fa lo straniero è sbagliato.Le diverse usanze e i diversi costumi a volte vengono accettati altri invece per volontà vengono ignorati. Quello che gli immigrati pensano di noi è che siamo troppo chiusi e ignoranti, non vogliamo allargare il nostri orizzonte verso nuovi modi di vivere e nuove usanze.Inoltre ci rivendicano di essere tirchi e di non avere rispetto ne nei loro confronti ne nei confronti delle persone adulte. Esistono però anche pregiudizi che nascono tra immigrati, ad esempio ci sono persone che non vedono di buon occhi coloro che si sono occidentalizzati. I maggiori pregiudizi, a loro avviso, che noi abbiamo verso di loro, mirano al colore della pelle e al loro stile di vita. Inoltre sostengono che gli italiani fanno subito notare se sono colti e preparati forse perché può sembrare loro una cosa impensabile.
Intervista a Mounir e alla moglie Samia (Algeria)

1. Storia della loro migrazione e i momenti più significativi (positivi o meno).
Munir e la moglie hanno deciso di partire dall’Algeria nel maggio 1997, due giorni dopo il matrimonio, per poter usufruire del visto turistico. La decisione di emigrare in Italia è dovuta dal fatto che Mounir era stato, tra il 1987 e il 1990, in Italia e aveva così conosciuto, a grandi linee, lingua e situazione del Paese. Proprio in quest’occasione aveva richiesto la cittadinanza italiana, ma un cambiamento di procedure burocratiche non glielo aveva permesso. 
Sono arrivati a Roma con un aereo e dopo poco si sono trasferiti, grazie a degli amici algerini che li hanno aiutati anche economicamente, a Varese, dove sono rimasti per un mese in clandestinità.
Successivamente per Mounir si è presentata l’occasione di un posto di lavoro presso una ditta di Gardone V. T., anche se non aveva i documenti. Questo lavoro è durato due mesi, solo nel periodo estivo. Hanno avuto poi la fortuna di incontrare Adriano Galletti che, senza neanche conoscerli bene, ha lasciato loro le chiavi di casa sua per offrirgli ospitalità, mentre lui era in vacanza.
Da questo momento in poi, Mounir ha sempre abitato a Brescia: prima Desenzano, poi Irma, Collio e infine Gardone V. T. La moglie, invece, è dovuta rientrare in Algeria altre tre volte, per rifare il visto di studio. Nel frattempo hanno avuto il primo figlio che per un anno, intanto che Samia finiva gli studi di medicina, è stato con i nonni in Algeria. Quando Munir nel 2000 ha ottenuto il permesso di soggiorno, Samia ha fatto la richiesta di ricongiungimento familiare. Abitano insieme infatti a Gardone dal 2000.
Prima di arrivare a questo momento di “stabilità” però, tra il 1998 e l’inizio del 2000, hanno dovuto affrontare diversi problemi, tra cui soprattutto quello della casa, poiché i proprietari degli immobili, nonostante le garanzie del datore di lavoro, erano molto restii a concedere la casa in affitto alle persone extracomunitarie. Sono stati aiutati, in questo periodo, dall’associazione “Karibu”, che li ha ospitati in uno dei loro alloggi.

2. Motivazione che li hanno spinti ad emigrare.
In Algeria Mounir era ragioniere, quindi le condizioni di vita non erano pessime. La prospettiva però di una vita migliore li ha spinti a emigrare in Europa, un po’ per curiosità, un po’ per la voglia di un livello di vita migliore, grazie anche alla laurea di Samia.
Le testimonianze di amici che erano emigrate in precedenza non era molto positive, ma Mounir e la moglie, come molti altri, avevano comunque la certezza che, una volta presa una casa e trovato un lavoro, la vita sarebbe stata migliore rispetto a quella in Algeria. Una motivazione fondamentale era comunque il fatto che, in quel periodo in Algeria c’era un periodo di guerre ed erano venute cosi a mancare tante libertà che qua erano scontate.

3. La professione che avevano in Algeria è stata ripresa qui in Italia?
Mounir era ragioniere, mentre ora fa l’operaio. Samia ha una laurea francese in medicina che in Italia però non è riconosciuta. Avendo poi tre figli si dedica esclusivamente alla famiglia e alla casa.
Per i lavori che riguardano la sfera della medicina, c’è bisogno di un riconoscimento scritto valido, ma per poter essere riconosciuta, la laurea deve essere rifatta in italiano, ma questo implicherebbe soldi e tempo.

4. Questione del velo
Spesso si pensa che l’utilizzo del velo sia una forma di sottomissione della donna all’uomo. Quest’idea non è affatto vera. La decisione di Samia di portare il velo dipende dalla sua fede in ciò che dice il Corano: nella donna i capelli sono segno di bellezza, quindi per uscire bisogna coprirli. Non è comunque un obbligo, ma un segno religioso, che è soprattutto parte integrante della maturità, poiché gran  parte delle donne lo utilizzano dopo essersi sposate.
Arrivando in un Paese in cui questo simbolo non è utilizzato, inizialmente le persone guardano in malo modo coloro che lo portano, ma Samia afferma che essendo una cosa in cui crede fermamente, non dà peso a queste “discriminazioni”. Mounir a questo proposito ha ritenuto giusto ribadire che la questione del velo non è una forme di sottomissione da parte dal marito ma solo una forma di fede da parte della donna.

5. Educazione dei figli
Educare i figli è difficile in Italia come in Algeria. Mounir e Samia hanno tre figli maschi e in casa parlano e studiano l’arabo, oltre a leggere il Corano, perché ci tengono a far mantenere ai loro figli la propria origine. Infatti ogni estate tornano in Algeria per portare i figli dai parenti e per farli comunque rimanere attaccati alla loro terra d’origine.
Nell’inserimento con la nuova società però si creano delle problematiche: Samia ci ha riportato l’esempio di suo figlio che, studiando storia a scuola, ha incontrato un racconto presente nella Bibbia e nel Corano. Parla della storia di Noè che la maestra ha definito come una leggenda, mentre per i musulmani è una vicenda vera.
Non sono solo queste le situazioni di contrasto: altre sono ad esempio le feste e simboli che noi italiani celebriamo, come Babbo Natale o S. Lucia. Nella cultura araba queste tradizioni non ci sono ed è difficile spiegare queste situazioni ai bambini.
6. Integrazione
L’integrazione per Mounir e Samia deve essere una possibilità per lo straniero, deve essere creata dalla società in cui vivi; una delle cose che potrebbe far sentire lo straniero più integrato è il diritto di voto, non politico, ma ad esempio per le elezioni comunali. Questo, come tante altre situazioni, danno la possibilità di sentirsi più inseriti e non considerati solo come persone che devono lavorare, pagare le tasse, ecc..
Per Samia gli uomini hanno più possibilità di integrarsi, soprattutto attraverso il lavoro. Per le donne non ci sono molte occasioni di incontrarsi con gli altri, a parte la scuola dei figli e i vicini di casa, e sarebbe bello trovare un luogo o un momento di incontro dove conoscere altre persone, magari anche solo donne.
Per Mounir invece l’integrazione dovrebbe partire soprattutto dall’alto, dallo Stato, dai politici: a questo proposito ha portato come esempio il contributo che davano hai nuovi nati di 1000 € che i figli di Mounir non hanno potuto ricevere solo perché stranieri. Non è tanto il contributo economico che manca, ma l’atto del dare pari opportunità a tutti, indipendentemente dalla provenienza.

7. Discriminazioni
Per Mounir l’unica discriminazione che ha notato è sul lavoro, soprattutto la differenza di atteggiamento nei suoi confronti e negli altri suoi colleghi italiani.

8. Sogno del rientro
E’ un obiettivo comuni alla maggioranza delle persone immigrate il poter rientrare, un giorno, nel proprio paese d’origine. Bisogna però rendersi conto che non sempre le condizioni del Paese di provenienza sono ottime: in Algeria ad esempio , dove il livello di vita non è dei peggiori, la possibilità di comprare una casa sulla base dello stipendio mensile è minima, poiché si guadagna poco e il costo della casa è elevato. Un altro motivo che spezza un po’ questo sogno sono i figli: ormai hanno vissuto fin da piccoli in un Paese, si sono integrati nella società e il loro futuro è sicuramente qua; quindi toglierli da una situazione favorevole per loro non è facile.







2. I DATI STATISTICI
  




























                  Stampa Statistica Anagrafica ATTUALE
                  Comune di GARDONE VAL TROMPIA
  ANNO DI                               M A S C H I                                                        F E M M I N E
  NASCITA
      1933
      1934                                               1
      1935                                               1                                                                              1
      1936                                               1                                                                              2
      1937                                               1                                                                              1
      1938
      1939
  07-gen-08                                                                                                                                                           
  ANNO DI                               M A S C H I                                                        F E M M I N E
  NASCITA
      1940
      1941                                                                                                                               1
      1942                                                                                                                               2
      1943                                               1
      1944                                                                                                                               1
      1945                                                                                                                               2
      1946
      1947                                               1                                                                              1
      1948                                               2                                                                              3
      1949                                               1                                                                              6
      1950                                               1                                                                              2
      1951                                               4                                                                              2
      1952                                               3                                                                              3
      1953                                               2                                                                              3
      1954                                               4                                                                              1
      1955                                               4                                                                              7
      1956                                               5                                                                              4
      1957                                               5                                                                              6
      1958                                               5                                                                              2
      1959                                              11                                                                             5
      1960                                              13                                                                             7
      1961                                              10                                                                             2
      1962                                              14                                                                             9
      1963                                              16                                                                             6
      1964                                              22                                                                             5
      1965                                              22                                                                             3
      1966                                              17                                                                             6
      1967                                              18                                                                             8
      1968                                              28                                                                            16
      1969                                              21                                                                            13
      1970                                              19                                                                            17
      1971                                              30                                                                            18
      1972                                              24                                                                             9
      1973                                              22                                                                            11
      1974                                              20                                                                            16
      1975                                              22                                                                            25
      1976                                              11                                                                            21
      1977                                              11                                                                            12
      1978                                              19                                                                            19
      1979                                              14                                                                            16
      1980                                              17                                                                            21
      1981                                              10                                                                            21
      1982                                               8                                                                             15
      1983                                               6                                                                              5
      1984                                              11                                                                             4
      1985                                              10                                                                             4
      1986                                               8                                                                             11
      1987                                              10                                                                             7
      1988                                              14                                                                             4
      1989                                               6                                                                              3
      1990                                              13                                                                             7
      1991                                               9                                                                              7
      1992                                               8                                                                              4
      1993                                               7                                                                              6
      1994                                              11                                                                             7
  07-gen-08                                                                                                                                                           
  ANNO DI                               M A S C H I                                                        F E M M I N E
  NASCITA
      1995                                               8                                                                              5
      1996                                               7                                                                              3
      1997                                              10                                                                             6
      1998                                              18                                                                            15
      1999                                               9                                                                              9
      2000                                              14                                                                            13
      2001                                              16                                                                             9
      2002                                              14                                                                            12
      2003                                              16                                                                            11
      2004                                              16                                                                            19
      2005                                              21                                                                            22
      2006                                              22                                                                            14
      2007                                              12                                                                            26
  TOTALI:                                             757                                                                          584
  Totale  ( M + F )  :    1.341